Databili al viii-iii
secolo a.C. sono
le necropoli di Belmonte Piceno rinvenute agli del secolo corso del secolo scorso.
Negli anni 1909-11 gli scavi della Soprintendenza archeologica a Colle Lete (oggi Colle Ete), guidati da Innocenzo Dall’Osso, identificarono quasi trecento tombe. Subito sopra, nell’attuale frazione Colle Tenna, Innocenzo Dall’Osso individuò quello che ritenne l’abitato corrispondente, difeso da un muraglione in pietrame a secco. Un altro ritrovamento di tombe è del 1928.
I reperti trovati, sistemati nel Museo
archeologico di Ancona (dove sono tuttora), vennero pesantemente danneggiati dal bombardamento del 1943.Negli anni 1909-11 gli scavi della Soprintendenza archeologica a Colle Lete (oggi Colle Ete), guidati da Innocenzo Dall’Osso, identificarono quasi trecento tombe. Subito sopra, nell’attuale frazione Colle Tenna, Innocenzo Dall’Osso individuò quello che ritenne l’abitato corrispondente, difeso da un muraglione in pietrame a secco. Un altro ritrovamento di tombe è del 1928.
Comuni a tutti i corredi maschili sono le armi. La tomba del Duce conteneva i resti di carri smontati.
Nelle due tombe 10 e 19, dette tombe delle Amazzoni, accanto al carro e ad un sontuoso corredo, vennero rinvenute anche armi maschili: lance e mazze. Tutto ciò ha fatto pensare che le donne picene godessero, non solo di una notevole autonomia personale, ma avessero perfino la possibilità di gestire direttamente il potere, almeno come vicarie dei loro uomini.
Da frazione Colle Tenna, proviene una stele funeraria a profilo antropomorfo, (Bologna, Museo Archeologico Comunale), dedicata ad un “Nir”, antico principe piceno. Il reperto, recuperato nel 1885 a circa 1 chilometro dal centro abitato, venne acquistato nell’ottobre 1901 dal Sovrintendente alle Antichità Edoardo Brizio. La pietra arenaria è stata collocata, grazie alla presenza del verbo qupat (lat. cubat = giace), nella classe delle iscrizioni funerarie: apúnis qupat a[—-]-[—] [———] [n]ír [m]efiín [—-]e—-út —— [——] udí-[—-] íitas estas amgenas dikdeintem atím [-]epie.
Un frammento di arenaria, conservato nel Museo Archeologico Nazionale delle Marche, ha restituito il nome: ]-heries [: il nome del dedicatario, o quello del possessore della sepoltura.
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