Nel periodo alto-medievale il territorio montano della Marca meridionale era frantumato in una miriade di castra, ville e vici, tanto da arrivare a contare quasi 50 insediamenti intorno all’xi secolo.
Nel 1265 il legato della Santa Sede, cardinale Simone Paltinieri, riconobbe in via ufficiale il Comune di Amandola, accolto sotto la diretta soggezione della Santa Sede (p. 472).
Amandola venne man mano acquistando, o comunque aggregando, buona parte
dei numerosi castelli sparsi nel territorio montano. Gli insediamenti
assoggettati, nella maggior parte dei casi, non scomparirono completamente, né
vennero del tutto abbandonati.
Nei primi anni del XIV secolo le famiglie più potenti della città: Brunforte, Monaldi, Falerone cercavano di imporre la loro autorità nei Consigli cittadini. Nel 1318 il rettore della Marca Amelio di Lautrec riuscì a sedare le lotte tra le varie famiglie cittadine, riprese nel 1333. Nel 1336, stabilita una
pacificazione tra le parti, vennero promulgati nuovi Statuti Comunali, ampliati una prima volta nel 1339,
poi nel 1341. Il Comune era retto da un collegio di sei
priori, ai quali erano demandate le decisioni più importanti sulla città. Le
corporazioni delle Arti erano suddivise in sei classi, ciascuna retta da un
capitano, eletto per estrazione pubblica.
Nel 1364 il cardinale Gil Albornoz, legato pontificio, ordinò al tesoriere della Marca di far tenere
la taglia di 2 fiorini per focolare dovuta dalla città in per la costruzione di un “Fortilitii". Nello stesso anno, arrivò in
città Gomez Albornoz, nipote del cardinale Egidio, che assicurò al Comune di
estrarre 200 salme di grano per i lavori. Frattanto spediva sul luogo Albigus de Ubaldinis: “ad
provvidendum Cassarum novum fiendum”. Il cassero, attestato per la prima volta
in una bolla del 1368, si trovava in piazza Alta (attuale piazza
Umberto I).
Prima
del 1380, quando compare in una lista di terre soggette ai Da Varano,
il Comune cadde sotto il dominio dei signori di Camerino. Ben presto, però, la
città dovette ribellarsi all’incerta signoria: nel novembre 1389, infatti, il
Comune mandava ambasciatori a Gentile Da Varano per concludere
una tregua.
Nel giugno 1398, il capitano di ventura Mostarda da Forlì riconquistò alla Santa Sede
la cittadina, della quale nel novembre 1399 otterrà il vicariato,
affidato a Giacomo di Camerello de Cimis
da Cingoli, che in un documento del 1339 si firma «Potestas pro magnifico et
strenuo Viro Mustarda de Strada Domino et Gubernatore Amandulae».
Nel 1403 è
attestato ad Amandola Pandolfo Malatesta, che tenne la città fino al 1413,
quando passò al re di Napoli Ladislao. Solo nel 1414, dopo la morte di
quest'ultimo, Amandola tornò sotto la soggezione della Santa Sede. Tuttavia, l'anno dopo, il Comune presentò una nuova convenzione, con la quale era riconosciuta la signoria sulla città ai Malatesta, tornata sotto la diretta soggezione della Santa Sede nel 1417. L'anno dopo, però, papa Martino V cedette la cittadina in
signoria a Rodolfo Da Varano, che la tenne fino al 1433, anno in cui Amandola tornò alla Santa Sede.
Frattanto Francesco Sforza, allora signore di Fermo, impose il suo governo sulla cittadine, che nel
febbraio 1437 la città ottenne il permesso da quest'ultimo di poter
abbatter il cassero. Demolito entro quello stesso anno.
Solo
nel 1445, cacciato Francesco Sforza da Fermo, la città
tornò sotto la diretta soggezione della Santa Sede. Nel 1470, promulgati i nuovi Statuti comunali, dopo l’istituzione
dell’ereditarietà delle cariche, al governo popolare si sostituì un sistema di
governo aristocratico. Nel 1547 venne stampato il Volumen
statutorum Terrae Amandulae.
Nel 1798, presso la frazione Rustici, la
cittadina insorse contro le truppe francesi, che l'anno prima avevano invaso l'Italia. La
rivolta, però, non ebbe successo. Dopo aver sbaragliato gli insorti, i Francesi per tre giorni saccheggiarono Amandola.