La loggia dei Mercanti, in piazza della Libertà a Falerone, realizzata nel 1478
quale luogo deputato alle contrattazioni commerciali, venne
restaurata nel 1721, come attesta la formella in cotto con questa data murata
nel prospetto della costruzione, formata da due ordini sovrapposti di archi a
tutto sesto.
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domenica 16 marzo 2014
lunedì 24 febbraio 2014
L’Adorazione del Bambino di Vittore Crivelli a Falerone
In un altare della chiesa di San Fortunato di Todi a Falerone troviamo una tavola centinata di Vittore
Crivelli (Venezia, 1430 circa – Marche, 1494-1495) raffigurante l’Adorazione del
Bambino, prima opera datata e firmata dal pittore nelle Marche: opus victoris crivelli venetus a. d.
mcccclxxviiii et die viii septembris.
sabato 25 gennaio 2014
Storia di Falerio Picenus
Il territorio pertinente alla città romana di Falerio Picenus, nell'attuale frazione Piane di Falerone, comprendeva quello dei comuni di: Falerone, Francavilla d’Ete, Montegiorgio, Magliano di Tenna, Monte Vidon Corrado, Massa Fermana, Montappone, Belmonte Piceno, Servigliano, Monte San Martino, Penna San Giovanni e Sant’Angelo in Pontano.
Tra il ii-i secolo a.C.,
in età tardo-repubblicana, la frequentazione del territorio è attestata dal
ritrovamento (1952), in frazione Monteverde di Montegiorgio, di un deposito
monetale, con esemplari d’argento (89 a.C.).
Nella Storia Romana, lo
storico Appiano ricorda lo scontro avvenuto nell’89 a.C. presso quella che sarà
la città di Falerius Picenus, tra i
Romani e gli Italici guidati da Gaio Vidacilio, Publio Ventidio e Tito
Lafrenio, in cui questi ultimi riportarono una schiacciante vittoria, costringendo
il console Pompeo Strabone a rifugiarsi in tutta fretta a Firmum Picenum (Fermo).
Storia degli scavi archeologici nell'area di Falerio Picenus
I primi rinvenimenti causali nell’antico sito di Falerio Picenus vennero effettuati nella prima metà del XV secolo dall’archeologo, umanista e viaggiatore Ciriaco d’Ancona (Ancona 1391 - Cremona 1452). Alla fine del secolo successivo il cardinale Pietro Aldobrandini dette l’avvio a sistematiche ricerche antiquarie. A lui venne donata l’iscrizione (CIL IX 5420), rinvenuta nel 1595, con il rescritto di Domiziano sulla contesa tra Firmum Picenun e Falerio Picenum. Negli stessi anni vennero recuperate due statue marmoree: un togato e una Demetra/Cerere, nelle vicinanze di una serie di rovine, allora attribuite al campidoglio di Falerio Picenus, nelle quali è stato poi riconosciuto un edificio termale.
I reperti vennero dapprima sistemati sulla facciata del Palazzo comunale, per poi passare nel Museo archeologico di Falerone, dove sono tuttora conservati.
Non documentata è la notizia di altri scavi archeologici effettuati nel 1774 sotto papa Clemente XIV nei pressi dell’area del teatro.
Il Museo archeologico “Pompilio Bonvicini” a Falerone
In una parte dell’ex convento della chiesa di San Fortunato di Todi è
allestito il Museo archeologico “Pompilio Bonvicini”.
I reperti provengo dal territorio di Falerore, dov'era la città romana di Falerio Picenus, nell'attuale frazione Piane. Gaetano De Minicis, nell’articolo Sopra l’anfiteatro ed altri monumenti spettanti all’antica Faleria nel Piceno, pubblicato nel 1832, scrive di quest’ultima che: “sin da’ tempi di Augusto era certamente colonia. Molti sono i documenti, che a così pensare m’inducono. Balbo Mensore nella sua opera De limitibus spesse volte fa menzione dell’agro faleriense, il quale era ripartito in certi limiti proprii soltanto delle colonie romane. Le diverse lapidi che veggonosi sparse in Falerone ne fanno pur manifesto, che Faleria fosse colonia, dacchè esisteva in essa il duumvirato, il quattrumvirato, l’ottumvirato, o collegio degli augustali, gli auguri, i laurenti lavinanti, la curia, il collegio de’ negozianti e degli artieri, de’ centonarj, de’ dendrofori, il magistrato de’ quinquennali, gli edili, i decurioni: ordini tutti e magistrature insigni, le quali non pongono in dubbio lo splendore di Faleria, e che ella fosse colonia”.
I reperti provengo dal territorio di Falerore, dov'era la città romana di Falerio Picenus, nell'attuale frazione Piane. Gaetano De Minicis, nell’articolo Sopra l’anfiteatro ed altri monumenti spettanti all’antica Faleria nel Piceno, pubblicato nel 1832, scrive di quest’ultima che: “sin da’ tempi di Augusto era certamente colonia. Molti sono i documenti, che a così pensare m’inducono. Balbo Mensore nella sua opera De limitibus spesse volte fa menzione dell’agro faleriense, il quale era ripartito in certi limiti proprii soltanto delle colonie romane. Le diverse lapidi che veggonosi sparse in Falerone ne fanno pur manifesto, che Faleria fosse colonia, dacchè esisteva in essa il duumvirato, il quattrumvirato, l’ottumvirato, o collegio degli augustali, gli auguri, i laurenti lavinanti, la curia, il collegio de’ negozianti e degli artieri, de’ centonarj, de’ dendrofori, il magistrato de’ quinquennali, gli edili, i decurioni: ordini tutti e magistrature insigni, le quali non pongono in dubbio lo splendore di Faleria, e che ella fosse colonia”.
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martedì 14 gennaio 2014
L’area archeologica di Falerio Picenus
L’area archeologica di Falerio Picenus, in frazione Piane, comprende per lo più l’area urbana della città romana. Dalla fine del XVI secolo iniziarono sistematiche ricerche antiquarie che portarono alla scoperta dell’iscrizione con il rescritto di Domiziano sulla contesa tra Falerio Picenus e Firmum Picenum. Nel 1777 papa Pio VI dette l’avvio a un’attività di scavo. In quegli anni vennero ritrovati i resti di un impianto termale.
Del teatro rimangono ben conservati i primi ordini delle gradinate, realizzate sistemando terra di riporto, in modo da ricavare un piccolo aggetto (le altre poggiavano su un portico sorretto da pilastri, dei quali restano le basi). Sul prospetto esterno, quattro vomitoria, portavano ai settori superiori delle gradinate. L’edificio scenico, a pianta rettangolare, comunicava con il postscenio attraverso ingressi aperti nel muro di fondo.
Breve storia di Falerone
Falerone ha preso il nome dalla città romana di Falerio Picenus. Gaetano De Minicis, nell’articolo Sopra l’anfiteatro ed altri monumenti spettanti all’antica Faleria nel Piceno, pubblicato nel 1832, scrive di quest’ultima che: “sin da’ tempi di Augusto era certamente colonia. Molti sono i documenti, che a così pensare m’inducono. Balbo Mensore nella sua opera De limitibus spesse volte fa menzione dell’agro faleriense, il quale era ripartito in certi limiti proprii soltanto delle colonie romane. Le diverse lapidi che veggonosi sparse in Falerone ne fanno pur manifesto, che Faleria fosse colonia, dacchè esisteva in essa il duumvirato, il quattrumvirato, l’ottumvirato, o collegio degli augustali, gli auguri, i laurenti lavinanti, la curia, il collegio de’ negozianti e degli artieri, de’ centonarj, de’ dendrofori, il magistrato de’ quinquennali, gli edili, i decurioni: ordini tutti e magistrature insigni, le quali non pongono in dubbio lo splendore di Faleria, e che ella fosse colonia”.
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