Fino al 1327, quando ne cedette ogni giurisdizione a Fermo, il castrum Montis Apponis era possesso di Federico di Federico, dei signori di Massa. La città controllava Montappone tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.
Il castello venne demolito nel 1355 da Gentile da Mogliano. In quell’anno stesso il cardinale Gil de Albornoz concesse a Mitarella, figlia di Mercenario da Monteverde, la licenza di poterlo riedificare. Tuttavia, poco dopo, ne venne proibita la ricostruzione, dal momento che Fermo non aveva alcuna intenzione di lasciare il castello nelle mani di Mitarella da Monteverde. Montappone venne ricostruito solo nel 1371, a patto però che restasse sotto giurisdizione fermana. Nel 1413, i Malatesta, in guerra con il signore di Fermo Ludovico Migliorati, prendevano il castello, riconquistato dai Fermani tre anni dopo.
L’urbanizzazione del paese è nel fondovalle, in quello che era nel 1859, come scrive Vincenzo Vitali Brancadoro nelle sue Memorie storiche e statistiche di Montappone, “un sobborgo in amena postura con varie case, pressochè tutte pulitamente fabbricate, che ne adornano l’ampia via, a capo di cui è una chiesetta suburbana, nominata la Madonna di Villa”, edificio, quest’ultimo, dove poi venne eretta l’attuale parrocchiale di Santa Maria e San Giorgio.
In un moderno edificio di via borgo XX Settembre è allestito il Museo del Cappello. Macchinari, cappelli di paglia, qualche vecchia foto, illustrano la storia della manifattura della paglia, industria rurale praticata fin dalla fine del xviii secolo. Quando scriveva Vincenzo Vitali Brancadoro: “Tolte pochissime famiglie, ed i fanciulli al di sotto dei cinque, o sei anni, tutti gli altri e maschi, e femmine, e ragazzame per le bisogne più grossolane, alacremente occupandosene giungono a fabbricare in ogni anno trecento e più mila cappelli, dalla vendita de’ quali, fatta nel luogo, traggon oltre alle venti migliaia di scudi”. I cappelli erano usati dai contadini per lo più nel periodo della mietitura. I fili di paglia, appena mietuti, erano lasciati al sole imbiancare. Una volta tagliati, secondo una lunghezza proporzionale al loro diametro, erano intrecciati. Pressate le trecce così ottenute, erano poi cucite insieme per essere modellate.
L’urbanizzazione del paese è nel fondovalle, in quello che era nel 1859, come scrive Vincenzo Vitali Brancadoro nelle sue Memorie storiche e statistiche di Montappone, “un sobborgo in amena postura con varie case, pressochè tutte pulitamente fabbricate, che ne adornano l’ampia via, a capo di cui è una chiesetta suburbana, nominata la Madonna di Villa”, edificio, quest’ultimo, dove poi venne eretta l’attuale parrocchiale di Santa Maria e San Giorgio.
In un moderno edificio di via borgo XX Settembre è allestito il Museo del Cappello. Macchinari, cappelli di paglia, qualche vecchia foto, illustrano la storia della manifattura della paglia, industria rurale praticata fin dalla fine del xviii secolo. Quando scriveva Vincenzo Vitali Brancadoro: “Tolte pochissime famiglie, ed i fanciulli al di sotto dei cinque, o sei anni, tutti gli altri e maschi, e femmine, e ragazzame per le bisogne più grossolane, alacremente occupandosene giungono a fabbricare in ogni anno trecento e più mila cappelli, dalla vendita de’ quali, fatta nel luogo, traggon oltre alle venti migliaia di scudi”. I cappelli erano usati dai contadini per lo più nel periodo della mietitura. I fili di paglia, appena mietuti, erano lasciati al sole imbiancare. Una volta tagliati, secondo una lunghezza proporzionale al loro diametro, erano intrecciati. Pressate le trecce così ottenute, erano poi cucite insieme per essere modellate.