Servigliano è
un paese realizzato alla fine del xviii
secolo su progetto dell'architetto Virginio Bracci.
Lungo la strada Matenana, in direzione di
frazione Curetta, troviamo resti di
una villa rustica in opus caementicium.
Del resto, lo stesso toponimo Servigliano, è un prediale romano, derivato dal
nome dell’antico proprietario del fondo, unito al suffisso
aggettivamente -anus.
Castrum Serviliani,
eretto nel 1108 sul monte Servigliano, rilievo non lontano da frazione Curetta,
venne assoggettato entro la seconda metà del xiii
secolo da Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il
funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in
carica un anno. Sappiamo che nel 1442 le
truppe di Niccolò Piccinino, allora in guerra con il signore di Fermo Francesco
Sforza, depredavano il castrum.
L'abitato
venne abbandonato nel xviii secolo
per le continue frane che sfaldavano il monte Servigliano. Nel 1769
l'architetto Virginio Bracci, inviato da Roma, suggerì di ricostruire
Servigliano in pianura, nel prato davanti al convento degli Osservanti, non lontano dal monte Servigliano.
Nel 1771 papa Clemente XIV promulgò il chirografo che dava
inizio ai lavori di ricostruzione, affidati nel 1773 all’architetto Luigi
Paglialunga. La pianta di Servigliano, quasi un quadrato, rimanda a quella del castrum romano. Il cardo è la strada che
raccorda le due porte laterali, dedicate ai pontefici sotto i quali venne
realizzata la ricostruzione del paese. Il decumano è l'attuale corso Vecchiotti
che, da porta Santo Spirito, detta anche porta Amandola, arriva fino alla
chiesa di San Marco.
Nel 1777 era completato l’intero perimetro dell'abitato,
che da allora prese il nome di Castel Clementino, a memoria del pontefice sopra
nominato. Nel 1862, dopo l’Unità d’Italia, il Consiglio comunale presentò una
delibera per sostituire il nome del paese con quello di Servigliano,
riconosciuto da un regio decreto nel 1863.