Il duomo
sovrastante a tutto l’abitato fu fabbricato delle [dalle] rovine di un tempio dalla cieca Gentilità [pagani] dedicato a Giunone, ed è
consecrato [consacrato] a Maria Santissima
Assunta al Cielo. È di maestoso aspetto, e ricoperto esternamente di marmi
quadrati [in realtà pietra d'Istria]; e le porte per le quali vi si entra, tutte parimente di marmi, son
lavorate a geroglifici [raffigurazioni],
che danno indizio della sua antichità. L’interno di questa chiesa quantunque
irregolare, è però capace di molto popolo e si concilia [si procura] da ognuno la venerazione. Ha i suoi sotteranei, sotto la tribuna [presbiterio], di marmi finissimi, e
ricchi di molti corpi di S. Martiri parte fermani e parte stranieri, oltre le
moltissime reliquie che vi si conservano [è
la cattedrale prima della ricostruzione in forme neoclassiche fatta fare dall’arcivescovo Andrea
Minucci]. È situato il duomo in un colle posto quasi nel cuore della città
detto Girone, che forma un paralellogrammo [parallelogramma]
di considerabil lunghezza e larghezza, dove fu anticamente una inespugnabile rocca, che venne demolita ai tempi di
Eugenio IV: il che succedette nella espulsione che si fece a petizione del popolo
fermano degli Sforzesi. Nel Girone non v’è altra fabbrica che la mentovata
al Greco [est]; ed a Ponente [ovest] la chiesa con convento ed orto assai esteso dei PP.
Cappuccini [dov’è adesso villa Vinci],
i quali pur si godono all’intorno e sotto dell’orto un passeggio signorile, che
sovrasta eminentemente a tutte le fabbriche che son poste da quella parte. Si
sale al Girone per molte strade assai erte: una [via Mazzini] però, che si stende a mezzodì dalla piazza [a sud di piazza del Popolo], fu negli
ultimi tempi [1771] renduta [resa] più agevole e così spaziosa che possono andarvi a
paro [affiancate] comodamente quattro carrozze. Termina questa strada
nella sua cima con una bella facciata (dove entro una nicchia sta una grande
statua rappresentante in abiti pontificali S. Savino comprottetore della città
[la nicchia di San Savino di Pietro
Augustoni dov’è la statua del vescovo di Stefano Interlenghi], da cui
ricevono grazie continuamente i Fermani e di cui tengono la testa in un busto d’argento
[tuttora esposto il 16 di agosto in una
nicchia posta dietro
l’altare dov’è la tela raffigurante l’Immacolata
Concezione e i santi Savino vescovo e Claudio martire, dipinta nel 1790 da Filippo Ricci]) ed un parterre per cui s’entra nel colle.
Oltre la Metropolitana comprende Fermo 9 chiese parrocchiali,
10 monasteri d’uomini senza quello degli estinti Gesuiti [soppressi nel 1773], 5 di donne,
3 Conservatori, due Collegi per l’educazione della gioventù instituiti; siccome
pur a questo fine lo erano gli altri due che ora più non vi sono: de’ quali
uno, che chiamavasi l’Illirico fu trasportato al Propaganda in Roma; e 3
Ospedali, e molte altre chiese appartenenti a 12 Confraternite, ed altri rettori
particolari. Sonovi tre Spine di N. Signore, una delle quali nella chiesa de’
PP. Agostiniani intrisa di sangue [ancora
adesso in una cappella chiesa agostiniana] che posta al cimento del fuoco
da un vescovo di Fermo restò sospesa in aria a pubblica vista del popolo; un’altra
nella chiesa dei Canonici Lateranensi [chiesa
di Santa Caterina], e la terza nella collegiata di S. Michele Arcangelo [il reliquiario è adesso nel Museo diocesano].
La Diocesi è vasta, e comprende non solo il Porto [attuale Porto San Giorgio], luogo popolato, 17 Terre, 43 Castella, e 32
Ville formanti 13.000 anime.
La città è
antichissima e si vuol fabbricata dagli antichi Sabini molto tempo prima della
fondazione di Roma. Nell’anno 489 [264 a.C.] e nel principio della prima guerra cartaginese
fu fatta colonia de’ Romani; anzi fu la prima colonia del Piceno non già
suddita, ma confederata [era una colonia di diritto
latino, legata a Roma da un patto federativo, che aveva piena autonomia
amministrativa, ma i loro cittadini non avevano diritto di voto, a differenza
delle colonie di diritto romano, dov’erano insediati solo romani]: e si mantenne sempre fedele sì nella seconda
guerra cartaginese [218-202 a.C.], come in
quella contro Antioco [Durante la battaglia combattuta contro l’esercito di
Antioco III il Grande (191 a.C.), un contingente fermano forzò il passo delle
Termopili], e nell’altra contra Perseo [la cosiddetta terza guerra macedonica
del 171 a.C.-168 a.C.], e nella guerra sociale, per
cui meritò questo celebre elogio Firmum
fida fides Romanorum Colonia; e tale pur si mantenne nella guerra contro di
Marcantonio nell’Egitto [I Fermani durante la guerra
dichiarata da Antonio al Senato, promosse una raccolta di denaro tra i municipi
d’Italia a favore di quest’ultimo]. Fu
quindi devastata dai Goti nella decadenza dell’Impero, e più volte depredata dai
Longobardi. Alarico [re dei Visigoti]
tra questi fu il primo che depredò Fermo con tutto il Piceno l’anno 413, così
fece Taulfo [Ataulfo re dei Visigoti,
successore nel 410 di Alarico, ma la vicenda non è documentata], ed Attila
nel 451 [vicenda non è documentata];
e così pur Teodorico [vicenda non
documentata]: ma la di lui figlia Amalasunta invaghita del paese cominciò a
ristorar la città [cosa non documentata],
come proseguì a fare Aniceno [?] circa l’anno 560. Alboino poi re parimente dei
Longobardi [dal 560 circa al 572]
posto piede nel Piceno si accampò sotto Fermo che sostenne l’assedio per dodici
anni continui; ma alla fine si rendette, solo per fame, ad Autero [Autari re dei
Longobardi dal 584 al 590]; dal quale allora patì un saccheggio generale: di
maniera che si fece un prezioso imbarco di statue, di colonne, e d’altri
antichi monumenti di Fermo, trasportati poi nell’Epiro [le vicende narrate durante il regno dei Longobardi sono però tutte cose
non documentate]. Terminato in Desiderio ultimo re il regno dei Longobardi
l’anno 773 si diede volontaria al Sommo Pontefice Adriano I. Lottario I con un
suo Capitolare vi stabilì la Sede delle Scienze per quei del Ducato di Spoleto
[nell’825, ma non sappiamo se venne applicato o meno, cosa improbabile]; e Bonifacio VlII nel 1303
la dichiarò Università pontificia [L’Università venne istituita in realtà da Sisto V nel 1585]. È stata
nei bassi tempi soggetta a molte vicende per le invasioni di molti imperadori,
frai quali Federigo I [Federico Barbarossa]
la incendiò [nel 1176]; onde perirono
le sue antiche memorie, spezialmente sacre: ed altro incendio sostenne dai
Gibellini [Ghibellini] nel 1326 [vicenda non documentata].
Con tutto ciò nel convento dei PP. Domenicani [attuale palazzo Fontevecchia] conservasi un antichissimo archivio
di sopra 2000 carte. Dopo il 1300 ha dovuto per due secoli soggiacere a dieci e
più tiranni, che l’avvolsero [coinvolsero]
in mille disavventure. Aveva sopra 49 castella il mero e misto Impero [competenza di giudicare in tutte nelle cause
civili e penali], ma per esimersi dalle tiranniche oppressioni nel 1550,
tolti i podestà [cosa, però, avvenuta ben
prima, quando al posto del podestà il papato impose a tutte le città dello
Stato della Chiesa un governatore di nomina pontificia], si pose sotto il
governo dei nipoti dei papi, Tolto poi da Innocenzo XI [in realtà
Innocenzo XII] il nipotismo, fu stabilita dal
papa una particolar Congregazione, a cui presiedeva il Segretario di Stato, detta
Congregazione Fermana [nel 1692], la quale
è stata da Clemente XIII abolita [nel 1761]. Contuttociò conserva ancora Fermo sopra le sue 48
Castella un dominio feudale ed una giurisdizione di baronaggio. Vi è una carta antica della città, come altresì un’altra
della Marca fermana e Anconitana data in luce dall’abate Moroncelli Monaco
Silvestrino in Fabriano ed anche un’altra della sua vasta diocesi. Bagnano il
suo territorio due fiumi Tenna ed Ete. I suoi prodotti sono ogni genere di
biade e di vini, seta, legnami ec., sebbene molto quest’ultimi per le gran fabriche
diminuiti, stante che quasi tutte le comunità religiose, collegi e cavalieri
privati hanno intraprese, e perfezionate grosse fabriche. La gente culta è
assai pulita nel tratto [modo di
comportarsi] ed è portata alle lettere. Fioriva infatti fin dal sedicesimo
secolo in quella città
l’Accademia dei Raffrontati, fondata
da Girolamo Alberti sanese, pubblico professore di Medicina in quella
Università [in realtà di Legge]; e
sappiamo che tre altre Accademie essa pur ebbe, l’una degli Sciolti, l’altra de’ Ravivati, e la terza degli Erranti. Nel mese di agosto vi è la fiera
abondante di merci, e la migliore nello Stato ecclesiastico, dopo quella di
Sinigaglia [Senigaglia]. Si crede,
che Fermo sia la patria di Lattanzio Firmiano [Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio nacque in Africa nel 250 circa]».
A. Friedrich Büsching, Nuova geografia, tradotta in lingua toscana da Gaudioso Jagemann, Vol. 24, presso Antonio Zatta, Venezia 1778, pp.131-135. Il testo riguardante Fermo è un’aggiunta del traduttore, dato che nella Neue Erdbeschreibung sono riservate alla città solo poche righe.
A. Friedrich Büsching, Nuova geografia, tradotta in lingua toscana da Gaudioso Jagemann, Vol. 24, presso Antonio Zatta, Venezia 1778, pp.131-135. Il testo riguardante Fermo è un’aggiunta del traduttore, dato che nella Neue Erdbeschreibung sono riservate alla città solo poche righe.
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