venerdì 31 gennaio 2014

Breve storia di Porto San Giorgio

Nel 1164 Porto San Giorgio era annoverato tra i possessi del Capitolo dei canonici del duomo di Fermo.
Nel 1214 il marchese Aldobrandino d’Este, rettore della Marca di Ancona, concesse a Fermo l’uso del Portus Sancti Georgii, ceduto in affitto solo nel 1266 dal Capitolo alla città, con un contratto tacitamente rinnovabili ogni 50 anni, dietro il pagamento di un canone annuo di 100 lire da dedurre dai proventi dello scalo. Nel caso gli introiti avessero superato la cifra stabilita, l’eccedenza sarebbe andata a Fermo, se invece fossero stati inferiori, sarebbero dovuti andare per intero al Capitolo del duomo.

Breve storia di Monterubbiano

Il territorio comunale era abitato fin dall’Età del Ferro, com’è attestato dal ritrovamento di manufatti litici. Resti di una villa rustica romana vennero riconosciuti nel 1898 in contrada San Gregorio.  
Stando a una tradizione (senza nessun fondamento), dov'e adesso Monterubbiano, i Romani avevano fondato la città di Urbs Urbana. Per l’abate Giuseppe Colucci il nome della cittadina deriva dalla "robbia" (latino rubia)  “erba utilissima e di gran commercio nei tempi antichi e da questa singolarità si ha guadagnato il nome di Monte Rubbiano”. 
Dal xiii secolo la cittadina era un comune, retto da un podestà: un magistrato forestiero, la cui carica durava per un breve periodo. Per le questioni più importanti era convocato un Consiglio generale. In quel periodo è attestata a Monterubbiano la presenza di una comunità ebraica. Il ghetto era nell'attuale via Garibaldi.

Torre di Palme. Frazione di Fermo

Nel 1088 Zabulina, del fu conte Rinaldo, vedova di Ugolino, cedette al vescovo di Fermo Ugo, con il consenso di Bambo suo mundoaldo (capo famiglia), tra gli altri beni, la giurisdizione sui castelli di Palme e di Palma Vetula, poi uniti in un unico centro fortificato, chiamato Turris Palmarum, concesso dall’Episcopato a una stirpe di signori laici, discendente dai fratelli Tebaldus e Grimaldus, figli di Alberti, attestati nel 1108.

Collina. Frazione di Monte Vidon Combatte

Veduta dei resti del castrum de Collina
Frazione Collina Nuova, a Monte Vidon Combatte, venne costruita nel 1934 per gli abitanti di frazione Collina Vecchia, sfollati dopo il terremoto del 1915. Lì era il castrum de Collina, eretto entro la metà dell'xi secolo. Nel 1329, quando è tenuto a contribuire allo stipendio del podestà di Fermo, Collina risulta assoggettato alla giurisdizione di quest’ultima città (p. 475.), che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno. 

Breve storia di Monte Giberto

Fino al xii secolo non è attestato nessun castrum. Tuttavia, quest'ultimo dovette essere realizzato per lo meno entro i primi anni di quel secolo. Prima del xiv secolo Mons Giberti venne assoggettato da Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.

L’abbazia di San Bartolomeo a Campofilone


L’abbazia di San Bartolomeo, in piazza Roma, venne ricostruita negli anni 1843-55 su progetto di Filippo Roncalli, dov’era la chiesa del monasterio Beati Sancti Bartolomey, eretto entro la prima metà dell’xi secolo. Nel 1421 papa Martino V concesse l’abbazia di Campofilone in commenda a ecclesiastici di nomina pontificia. Nel 1571 il pontefice Pio V, con la bolla di erezione della diocesi di Ripatransone, elencando le giurisdizioni limitrofe di quest’ultima, ricorda l’abbazia di Campofilone, dichiarata nullius dioecesis, perché la nomina dell’abate spettava al pontefice regnate. Negli anni 1843-55, come abbiamo detto, venne rifatta la chiesa romanica. Filippo Roncalli progettò una basilica a croce greca a tre navate con cupola all’incrocio dei bracci. Dal 1893 l’amministrazione dell’abbazia passò al clero secolare.

Le Stanze sopra la morte di Rodomonte. Il primo libro stampato a Fermo


giovedì 30 gennaio 2014

Breve storia di Moresco

Nel xii secolo il castrum Morischi apparteneva ai conti Bonifaci (una potente famiglia signorile del Fermano). Per un'improbabile tradizione Moresco venne fondato da un gruppo di mori al servizio di Roberto il Guiscardo (al quale per un breve periodo era stata ceduta la Marca fermana dall’imperatore Enrico IV). 

Breve storia di Ortezzano


Nel 1877, in contrada San Massimo, venne recuperato un pavimento a mosaico d’epoca romana, andato purtroppo disperso sul mercato antiquario. In contrada Cisterna, non lontano dalla chiesa di Santa Maria della Sanità, troviamo delle strutture murarie romane pertinenti a un impianto idrico. Del resto, lo stesso toponimo Ortezzano è un prediale romano, derivato dal nome dell’antico proprietario del fondo, unito al suffisso aggettivamente -anus.

Sant’Elpidio Morico. Frazione di Monsampietro Morico

Sant’Elpidio Morico, come abbiamo detto frazione di Monsampietro Morico, era alla fine del xii secolo un castrum  censuario del monastero di Santa Vittoria in Matenano.  Sancti Elpidii Morici,  venne assoggettato da Fermo prima 1355, quando compare tra i castelli della città che dovevano prestargli il giuramento di fedeltà.

Le streghe del Fermano


La chiesa di San Francesco a Monsampietro Morico


La chiesa di San Francesco d’Assisi venne eretta dai Francescani nel 1671, come pare attestare questa data sullo stemma dei Canonici lateranensi collocato sopra il portale nella facciata dell’edificio (probabilmente realizzato col contributo di quest’ultimi). La costruzione venne realizzata su una preesistente chiesa del 1513, allora dedicata alla Madonna della Misericordia. L’edificio, chiuso nel 1985, è tuttora in disuso.

Le "pinturette"


Nella campagna fermata, se non nelle stesse cittadine, troviamo tante edicole sacre. Il nome più comune di queste ultime, costruzioni che sono attestate dal XVII secolo, è "pinturette", perché lì è collocata un'immagine sacra: un dipinto («pintura»), una stampa o una oleografia, il più delle volte raffigurante la Vergine, nell’iconografia della Madonna del Pianto (la più frequente nel Fermano, dato che a Fermo, nel santuario della Madonna del Pianto, è venerata un sua statua, tante volte riprodotta in queste "pinturette"), di quella della Madonna di Loreto o dell’Immacolata Concezione. 

mercoledì 29 gennaio 2014

L'invidia


Fonte Duglio a Torre San Patrizio, un'architettura romana del XVIII secolo


A Torre San Patrizio, lungo la strada che porta al campo sportivo (a quasi 2 km oltre l’impianto), troviamo fonte Duglio. La struttura venne ricostruita nel 1790 dall’architetto Pietro Augustoni, per sostituire la vecchia fonte pubblica. 

martedì 28 gennaio 2014

La cappella dell'Immacolata Concezione nella cattedrale dell'Assunta a Fermo


La cappella dell'Immacolata Concezione nella cattedrale dell'Assunta prese questo titolo nel primo anniversario della proclamazione del dogma (1855), quando l’arcivescovo di Fermo Filippo De Angelis, in nome di papa Pio IX, fregiò di una corona d’oro l’immagine dell’Immacolata Concezione, dipinta da Giacomo Cordella, copia di un quadro dello stesso pittore nella chiesa di Sant'Andrea della Valle a Roma.

Descrizione iconografica-iconologica delle sculture del portale della cattedrale dell'Assunta a Fermo


Le fate dei monti Sibillini


La chiesa di San Giorgio a Porto San Giorgio

La chiesa di San Giorgio venne eretta su progetto dell’architetto Ildebrando Giunchini, al posto di quella dovuta demolire nel 1803 per le insalubri esalazioni delle sepolture, corrotte dalle infiltrazione d’acqua del vicino fosso Rivo. I lavori, iniziati nel 1829, durarono fino al 1851. Capomastro era Giovanni Basili.  Gaetano Ferri realizzò le decorazioni interne.

lunedì 27 gennaio 2014

I Piceni a Belmonte Piceno

Databili al viii-iii secolo a.C. sono le necropoli di Belmonte Piceno rinvenute agli del secolo corso del secolo scorso.
Negli anni 1909-11 gli scavi della Soprintendenza archeologica a Colle Lete (oggi Colle Ete), guidati da Innocenzo Dall’Osso, identificarono quasi trecento tombe. Subito sopra, nell’attuale frazione Colle Tenna, Innocenzo Dall’Osso individuò quello che ritenne l’abitato corrispondente, difeso da un muraglione in pietrame a secco. Un altro ritrovamento di tombe è del 1928.
I reperti trovati, sistemati nel Museo archeologico di Ancona (dove sono tuttora), vennero pesantemente danneggiati dal bombardamento del 1943.

Alteta. Frazione di Montegiorgio

chiesa di San Zenone
Il castrum Altete venne assoggettato da Fermo entro il 1355 (p. 471). Nel 1413, i Malatesta, allora in guerra con il signore di Fermo Ludovico Migliorati, prendevano il castello, riconquistato dai Fermani tre anni dopo.

Monteverde. Frazione di Montegiorgio


Il castrum Montisviridis venne venduto nel 1366 dal cardinale Gil de Albornoz a Montegiorgio. Non molto tempo dopo, nel 1396, Monteverde venne ceduto da papa Bonifacio IX al legum doctor Antonio Aceti (dopo la sua condanna a morte, il signore di Fermo Ludovico Migliorati cedette il castello a Simone dell’Aquila). Francesco Sforza, morto quest'ultimo nel 1434, consegnò Monteverde agli eredi di Antonio Aceti.

Cerreto. Frazione di Montegiorgio

Cerreto è dal 1896 frazione di Montegiorgio. Il castrum Cerreti agli inizi dell’xi secolo era giurisdizione di signori laici. Nel 1143 Berardo, Ruggero e Rinaldo trasferirono ogni loro diritto sul castello alla Chiesa fermana. Nel 1194 il vescovo di Fermo Presbitero cedette in feudo il castello al rettore della Marca d’Ancona Gottiboldo.

Il teatro Pagani a Monterubbiano

Il teatro Pagani a Monterubbiano, eretto entro il 1875 su progetto, in parte modificato, dell'architetto Francesco Ridolfi, venne realizzato riutilizzando le murature dell’incompiuto palazzo Pagani (costruzione iniziata nel 1583, ma mai ultimata).

Breve storia di Sant'Elpidio a Mare


Il Volto Santo di Amandola

Nell’altare maggiore della chiesa di San Francesco ad Amandola, in una croce di recente fattura, è collocato un Crocifisso ligneo (fine xiii sec.), già nell’abbazia dei Santi Vincenzo ed Anastasio, sempre ad Amandola, fuori la cittadina.
Nella croce, il Cristo nè coperto da una lunga tunica manicata, fermata in vita da un complesso nodo. Le braccia sono state aggiunte agli inizi del xv secolo[1].

Torchiaro. Frazione di Ponzano di Fermo


Frazione Torchiaro era comune fino al 1860, quando venne aggregato a Ponzano. Il castrum Torchlarii o Trocchiarii venne assoggettato da Fermo entro l'inizio del xiv secolo.

La chiesa dei Santi Simone e Giuda venne costruita su progetto dell’architetto Alessandro Vassalli, dopo delibera del 1827 del Consiglio comunale.

domenica 26 gennaio 2014

Ludovico Euffreducci


Gli anni della signoria di Francesco Sforza a Fermo


Breve storia di Ponzano di Fermo


Fino alla prima metà del xii secolo non è attestato nessun castello. Tuttavia, quello di Pontiano dovette essere organizzato ben presto, se in quegli anni vennero donati al vescovo di Fermo Ulderico alcuni beni non lontani da quest'ultimo, ceduto nel 1214 dal marchese della Marca d'Ancona Aldobrandino d'Este ai fermani, che lo controllavano tramite un vicario del loro podestà. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.

I Piceni a Fermo


Moregnano. Frazione di Petritoli

Santa Maria degli Angeli
Moregnano, frazione di Petritoli, era comune fino al 1869. Nel 1214 il marchese della Marca di Ancona Aldobrandino d’Este cedette a Fermo il castrum Moregnani.
La settecentesca chiesa dei Santi Vittore e Corona ha facciata è aperta da portale a timpano triangolare. La costruzione ha cupola impostata su basso tamburo ottagonale. L’interno è ad aula unica, coperta da volta a botte lunettata. Nell’altare maggiore è collocato un dipinto raffigurante i Santi Antonio Abate e Francesco di Paola, datato 1753.

sabato 25 gennaio 2014

Storia di Falerio Picenus

Il teatro di Falerio Picenus in un disegno del 1836
Il territorio pertinente alla città romana di Falerio Picenus, nell'attuale frazione Piane di Falerone, comprendeva quello dei comuni di: Falerone, Francavilla d’Ete, Montegiorgio, Magliano di Tenna, Monte Vidon Corrado, Massa Fermana, Mon­tappone, Belmonte Piceno, Ser­vigliano, Monte San Martino, Penna San Giovanni e Sant’An­gelo in Pontano.
Tra il ii-i secolo a.C., in età tardo-repubblicana, la frequentazione del territorio è attestata dal ritrovamento (1952), in frazione Monteverde di Montegiorgio, di un deposito monetale, con  esemplari d’argento (89 a.C.). 
Nella Storia Romana, lo storico Appiano ricorda lo scontro avvenuto nell’89 a.C. presso quella che sarà la città di Falerius Picenus, tra i Romani e gli Italici guidati da Gaio Vidacilio, Publio Ventidio e Tito Lafrenio, in cui questi ultimi riportarono una schiacciante vittoria, costringendo il console Pompeo Strabone a rifugiarsi in tutta fretta a Firmum Picenum (Fermo).

Storia degli scavi archeologici nell'area di Falerio Picenus

I primi rinvenimenti causali nell’antico sito di Falerio Picenus vennero effettuati nella prima metà del XV secolo dall’archeologo, umanista e viaggiatore Ciriaco d’Ancona (Ancona 1391 - Cremona 1452). Alla fine del secolo successivo il cardinale Pietro Aldobrandini dette l’avvio a sistematiche ricerche antiquarie. A lui venne donata l’iscrizione (CIL IX 5420), rinvenuta nel 1595, con il rescritto di Domiziano sulla contesa tra Firmum Picenun e Falerio Picenum. Negli stessi anni vennero recuperate due statue marmoree: un togato e una Demetra/Cerere, nelle vicinanze di una serie di rovine, allora attribuite al campidoglio di Falerio Picenus, nelle quali è stato poi riconosciuto un edificio termale.
I reperti vennero dapprima sistemati sulla facciata del Palazzo comunale, per poi passare nel Museo archeologico di Falerone, dove sono tuttora conservati.
Non documentata è la notizia di altri scavi archeologici effettuati nel 1774 sotto papa Clemente XIV nei pressi dell’area del teatro.

Il duca di Fermo Tasbuno


Il Museo archeologico “Pompilio Bonvicini” a Falerone

In una parte dell’ex convento della chiesa di San Fortunato di Todi è allestito il Museo archeologico “Pompilio Bonvicini”. 
I reperti provengo dal territorio di Falerore, dov'era la città romana di Falerio Picenus, nell'attuale frazione Piane. Gaetano De Minicis, nell’articolo Sopra l’anfiteatro ed altri monumenti spettanti all’antica Faleria nel Piceno, pubblicato nel 1832, scrive di quest’ultima che: “sin da’ tempi di Augusto era certamente colonia. Molti sono i documenti, che a così pensare m’inducono. Balbo Mensore nella sua opera De limitibus spesse volte fa menzione dell’agro faleriense, il quale era ripartito in certi limiti proprii soltanto delle colonie romane. Le diverse lapidi che veggonosi sparse in Falerone ne fanno pur manifesto, che Faleria fosse colonia, dacchè esisteva in essa il duumvirato, il quattrumvirato, l’ottumvirato, o collegio degli augustali, gli auguri, i laurenti lavinanti, la curia, il collegio de’ negozianti e degli artieri, de’ centonarj, de’ dendrofori, il magistrato de’ quinquennali, gli edili, i decurioni: ordini tutti e magistrature insigni, le quali non pongono in dubbio lo splendore di Faleria, e che ella fosse colonia”.

I monumenti funebri nella cattedrale dell'Assunta a Fermo


La chiesa dei Santi Quirico e Giulitta a Lapedona

La chiesa dei Santi Quirico e Giulitta (xii secolo) a Lapedona era un possedimento dei monaci avellaniti, rimasto tale fino al 1584, quando a seguito della soppressione dell’ordine, passò sotto la giurisdizione dell’Episcopato fermano.
L'edificio è d'architettura romanica. Il prospetto meridionale è aperto da portale architravato con lunetta. Quello secondario, sul lato opposto, era in comunicazione con il monastero. Nella lunetta di quest’ultimo è collocato un frammento di pluteo (ix secolo).
L’interno della chiesa è ad aula unica, coperta da capriate lignee, che hanno sostituito la più antica volta a botte. Il presbiterio è rialzato da tre gradini. Le pareti laterali sono scandite da coppie di semicolonne in laterizio con capitelli in pietra arenaria. L’abside, dove corre un gradino che serviva da sedile ai monaci, è aperto da tre monofore a doppio strombo. La lastra del ix secolo, ora utilizzata come pluteo dell’altare maggiore, è decorata da cerchi intrecciati con diagonali. Dello stesso periodo sono anche i due pilastrini murati sul lato minore dello stesso altare. 
La cripta è a tre navatelle, spartite da quattro colonne in pietra arenaria. Le volte a crociera hanno sostituito le più vecchie coperture a botte. Nell’arcata centrale dell’ipogeo, illuminato da tre feritoie, troviamo un’ara sopraelevata da un gradino, sopra alla quale era collocato un Crocifisso ligneo, adesso nel Palazzo comunale. Un altro Crocifisso, anche questo nel Municipio, dipinto su tavola, era apposto sul retro del primo.

La chiesa della Madonna della Salute a Moresco

La chiesa della Madonna della Salute a Moresco venne realizzata nei pressi di un'edicola votiva del 1579, costruita al posto di un arco, dove, stando a un'improbabile tradizione, era stata collocata fin dal ix secolo un’immagine della Vergine sottratta alle distruzioni degli iconoclasti bizantini.

venerdì 24 gennaio 2014

La chiesa di San Michele Arcangelo a Fermo


Breve descrizione del Museo parrocchiale della chiesa di Santa Maria a Capodarco, frazione di Fermo


Dal transetto destro della chiesa di Santa Maria a Capodarco, frazione di Fermo, entriamo per una porticina nel piccolo Museo parrocchiale. Subito a destra è appeso un crocifisso processionale della seconda metà del xviii secolo, appartenuto alla confraternita del Santissimo Sacramento. Ai piedi di questo troviamo un’ancora in metallo fusa nel 1929 dall’I.T.I. «Montani», parte, insieme ad una croce perduta, del monumento ai Caduti in mare, eretto sulla sommità del campanile dell'edificio, ripristinato nel 1987 con una copia in acciaio. Nella parete destra del piccolo ambiente sono collocati altri crocifissi. 

Palazzo Erioni a Fermo

Palazzo Erioni, lungo corso Cefalonia (n. 46), venne ammodernato dall’architetto Pietro Augustoni nella seconda metà del XVIII secolo.
L’imponente fronte, su quattro piani, è caratterizzata da bugnato al piano terra, dove si aprono il portale con colonne ioniche.
All’interno, il cortile porticato è ritmato da un doppio ordine gigante di paraste ioniche nella parte inferiore, che inquadrano finestre concluse da timpani triangolari e arcuati alternati. Nell’ultimo piano, le finestre sono concluse da semplici decorazioni. Nell’angolo retrostante il cortile si trova il monumentale scalone.
Nel primo piano, la decorazione delle undici sale, fu commissionata dall’abate Giuseppe Nicola Erioni al pittore Alessandro Ricci. Le scene, raffiguranti le Storie del popolo ebraico sino all’avvento di Cristo, sono datate 1791 sotto la raffigurazione del Trionfo di Cristo: cristu triumphatore quod picturis totius aedis finem imposuerit / alexander ricci d.s. anno  mdccxci. Fu lo stesso committente a fornire all’artista, se si presta fede ad un manoscritto dell’archivio privato della famiglia Falconi (rintracciato dal critico Luigi Dania), i soggetti iconografici, insieme a tutta una serie di riproduzioni di dipinti classicisti, ai quali l’artista doveva far riferimento.

La chiesa di San Francesco a Fermo


Il santuario della Madonna del Pianto a Fermo


Breve descrizione degli affreschi nella chiesa di Sant’Agostino a Fermo



Il Palazzo comunale di Fermo


Il teatro dell'Aquila a Fermo


Il Palazzo degli Studi a Fermo


La chiesa di San Domenico a Fermo



Il Museo polare etnografico «Silvio Zavatti» a Fermo

Nel primo piano di villa Vitali a Fermo è allestito il Museo polare etnografico «Silvio Zavatti», realizzato dall’esploratore Silvio Zavatti (Forlì, 10 novembre 1917 - Ancona, 13 maggio 1985). La prima sala è dedicata alle esplorazioni polari italiane. Nel 1899 Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di Savoia, duca degli Abruzzi (Madrid, 29 gennaio 1873 - Villaggio Duca degli Abruzzi, 18 marzo 1933), tentò di raggiungere il Polo Nord attraversando il pack a piedi. Nella sala è riprodotto l’accampamento di Pietro Achille Cavalli Molinelli, il medico della spedizione.
In una bacheca sono alcuni oggetti rinvenuti sul luogo dove svernarono gli uomini della spedizione, donati al Museo nel 1994 dall’Associazione «Grande Nord» di Torino, ritrovati in quello stesso anno in una spedizione che ritornò nell’arcipelago dove svernarono gli italiani.

I Cappuccini a Fermo


mercoledì 22 gennaio 2014

La basilica della Misericordia a Sant'Elpidio a Mare

La basilica della Misericordia venne eretta alla fine del xvi secolo dall’Arciconfraternita di Maria Santissima della Misericordia, fondata nella cittadina nel 1399. Con bolla del 1467 il Capitolo lateranense conferì il titolo di basilica all'edificio.
La facciata, alta e stretta, è aperta da portale chiuso da portone ligneo decorato da grottesche. Nella parte superiore del prospetto sono murate due meridiane, quella destra a ore astronomiche e quella sinistra a ore italiche.

La chiesa del Santissimo Sacramento e della Madonna del Rosario a Grottazzolina


La chiesa del Santissimo Sacramento e della Madonna del Rosario venne eretta nel 1768, con la donazione di 6.000 scudi fatta per testamento del 1639 da Alfonso Verzieri. L’edificio, costruito sullo stesso luogo dov’era la chiesa di Santa Petronilla (xiii secolo), venne consacrato nel 1805 dall’arcivescovo di Fermo Cesare Brancadoro. Sappiamo che nel 1883 Luigi Fontana stipulò un contratto per le decorazioni dell’interno. I lavori dovevano essere portati a termine non oltre il 1884. La scalinata esterna, in travertino, venne rifatta nel 1961 a spese della Confraternita dell’Addolorata.

Breve storia di Pedaso

Un castrum era stato eretto sul monte Serrone, il rilievo retrostante l’attuale abitato. Di questo non sappiamo molto: nel 1278, in uno stralcio degli Statuti comunali di Fermo, dov’erano elencati i castelli sotto giurisdizione della città, Pedaso non compare ancora tra questi. Probabilmente a quella data era sottoposto alla giurisdizione di signori laici (uno di questi, per Lucio Tomei, potrebbe essere stato quel Sante Thomassutii o Massutii de Pedaxio, inurbato a Fermo dal 1365. Pedaso, d’altra parte, solo entro gli anni ’40 del xiv secolo entrò tra i possessi di quest'ultima città, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno. Nel 1445 le truppe pontificie, allora in guerra con il signore di Fermo Francesco Sforza, saccheggiarono Pedaso.

martedì 21 gennaio 2014

Breve storia di Amandola

La presenza di sepolcreti piceni nel territorio della cittadina è attestata dal ritrovamento nel 1888 in località Taccarelli di un dinos bronzeo (inizi v secolo a.C.: Ancona, Museo archeologico nazionale delle Marche), parte di un corredo funebre.
Nel periodo alto-medievale il territorio montano della Marca meridionale era frantumato in una miriade di castra, ville e vici, tanto da arrivare a contare quasi 50 insediamenti intorno all’xi secolo.
Nel 1265 il legato della Santa Sede, cardinale Simone Paltinieri, riconobbe in via ufficiale il Comune di Amandola, accolto sotto la diretta soggezione della Santa Sede (p. 472).

Breve storia di Montefortino

Montis Fortini nell'inizio del xiii secolo era giurisdizione di signori laici. Nel 1397 il fermano Antonio Aceti occupò il castello, scacciato nel 1405 da una rivolta popolare. Subito dopo rivendette Montefortino per 4.000 ducati ai Da Varano, signori di Camerino, che lo tennero in vicariato fino al 1434, quando venne preso dalle truppe del signore di Fermo Francesco Sforza. L'anno dopo, i maggiorenti di Montefortino, incaricarono Pietro di Antonio di promettere, in cambio del suo protettorato, obbedienza a Fermo. 

Breve storia di Monte Giberto

Fino al xii secolo non è attestato nessun castrum. Tuttavia, quest'ultimo dovette essere realizzato per lo meno entro i primi anni di quel secolo, probabilmente da qualche milites del Fermano. 

Breve storia di Montappone

Fino al 1327, quando ne cedette ogni giurisdizione a Fermo, il castrum Montis Apponis era possesso di Federico di Federico, dei signori di Massa. La città controllava Montappone tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.

Breve storia di Petritoli

Nel 1055 Transarico, figlio di Transarico, donò pro redemptione animae alla Chiesa fermana la sua giurisdizione su 1/3 del castrum Petrituli. Nello stesso tempo, la madre Amata, figlia del conte Gozone, moglie di Tran­sarico, donò pro anima del marito e del figlio, entrambi menzionati nel documento come defunti, i beni che le appartenevano per morgengab, tra cui la sua parte del castello di Petritoli (forse un altro terzo) al vescovo di Fermo Ulderico.
Nel 1181 Gentile e Trasmondo, figli di Ugo, e Ascaro, figlio di Gualfredo, cedettero a Trasmondo del vicino castello di Cecilia (andato presto demolito, ma allora nel territorio di Petritoli) la terza parte della terra del castello di Petritoli, ovvero “quantum necesse fuerit pro edificatione castelli”, forse distrutto dagli stessi donatori “…pro maleficio quod vobis vestrisque hominibus fecimus”.

Museo di arte sacra a Montefortino

Il Museo di Arte Sacra, al terzo piano di palazzo Leopardi, è allestito con arredi provenienti da varie chiese del comune rimaste senza ufficiatura. 

Nel salone sono in mostra gli arredi della chiesa di San Francesco. La Madonna del Rosario, i santi Domenico, Antonio di Padova, Caterina d’Alessandria, Maria Maddalena e quindici Misteri del Rosario venne dipinta nel 1577 da Simone De Magistris. Nello stesso spazio è esposta anche la tela raffigurante la Madonna col Bambino e le Anime del Purgatorio, datata 1691 da Giuseppe Ghezzi, stando a un’iscrizione non più leggibile. Tuttavia, questo dipinto non era collocato nella chiesa di San Francesco, ma in quella di San Michele Arcangelo.


Sala A

In questa sala sono collocati altri arredi della chiesa di San Francesco, come un Cristo morto del xvi secolo.

Pinacoteca civica "Fortunato Duranti" a Montefotino

Nel secondo piano di palazzo Leopardi è allestita la Pinacoteca «Fortunato Duranti», nata nel 1842, quando l'artista Fortunato Duranti, nato a  Montefortino, donò al comune la sua raccolta di dipinti. L'attuale allestimento venne realizzato da Luigi Serra negli anni 1920-23.

Breve biografia di Fortunato Duranti

Fortunato Duranti nacque a Montefortino nel 1787. Prima del 1807 era a Roma, alla scuola dell’abate Domenico Conti, seguace di Pompo Batoni, protetto dal cardinal Bernardino Honorati. In difficoltà dopo la morte di quest'ultimo, non riuscendo a ottenere nessuna commissione artistica importante, indirizzò la sua attività all’antiquariato. Dopo il 1840, i primi segni di squilibrio mentale, lo costrinsero a ritirarsi a Montefortino, dove morì nel 1863.

Allestimento museale


Salone gentilizio

Nel salone gentilizio troviamo una Croce lignea di Jacobello di Bonomo. Di Pier Francesco Fiorentino è la tempera raffigurante la Madonna in trono col Bambino e gli arcangeli Michele e Raffaele con Tobiolo, datata 1497. Di Nicola di Maestro Antonio d’Ancona è una Santa Lucia e i santi Antonio di Padova e Bernardino da Siena, forse la cimasa della pala realizzata nel 1472 per la chiesa di San Francesco alle Scale di Ancona. Nella stanza sono esposte anche alcune tavole di Pietro Alamanno.

lunedì 20 gennaio 2014

Breve storia di Monteleone di Fermo

Nel 1019 Tedmario di Gisone cedette all’abbazia di Farfa il castello de Leoni, passato agli inizi del xiii secolo a piccoli signorotti laici. Nel 1252 venne ceduta la giurisdizione su Monteleone a Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.
Monteleone venne preso nel 1407 dalle truppe pontificie, allora in guerra con il signore di Fermo Ludovico Migliorati. Nel 1415 i Malatesta, anche loro in armi con quest'ultimo, prendevano il castello, ritornato ai Fermani l'anno dopo.

Breve storia di Montegiorgio

Il territorio di Montegiorgio era abitato fin dal Paleolitico (1,5 milioni di anni fa). Di questo periodo sono alcuni manufatti litici ora al Museo nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma.
Nel 1199 Montis Sanctae Mariae in Georgio stipulò un patto di alleanza con Fermo. Per Montegiorgio erano presenti i consoli Matteo Girardi, Morico Scoppesi, Giovanni Tagrani e Fanaldo Burlamergi. Il patto era un trattato difensivo.

Nel 1224 Onorio III confermava al vescovo di Fermo Rinaldo l’investitura feudale su Montegiorgio. Tuttavia, nel 1227, quest'ultimo venne posto da papa Gregorio IX sotto la diretta soggezione della Santa Sede.

Breve storia di Montefalcone Appennino

Montefalcone Appennino, ai piedi del Monte Falcone (poco più di 900 m s.l.m.), è arroccato su una roccia d’arenaria.
La curtis Montisfalconis, tra i possessi farfensi fin dal 930-936, venne ceduta ai monaci di Santa Vittoria nel 1152 dall’abate di Farfa Berardo V. Nel 1214 i monaci dettero il loro consenso a che gli abitanti di Montefalcone potessero avere proprie istituzioni comunali.

Breve storia di Monte Vidon Corrado

Di Montis Guidonis Corradi sappiamo solo che nel 1300 venne assoggettato da Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno. Probabilmente, fino a quella data Monte Vidon Corrado era sottoposto alla giurisdizione di signori laici.

Breve storia di Monte Vidon Combatte

Fino alla prima metà dell'xi secolo non è attestato nessun castum. Tuttavia, quello di Monte Guidoni dovette essere organizzato ben presto. Nel 1184, in carta d’enfiteusi, è nominato Combacti di Monte Guidone, al quale poteva appartenere la giurisdizione su quest'ultimo castello, che prese poi il nome del suo signore.

Breve storia di Monte Urano

Del castello non sappiamo molto. Dovrebbe essere stato eretto per lo meno entro l'inizio del xiii secolo, quando la giurisdizione su Montis Urani apparteneva al Capitolo dei canonici della cattedrale di Fermo. Nel 1252 Monte Urano, però, aveva fatto atto di sottomissione a Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno.

Breve storia di Monte San Pietrangeli

Fino alla prima metà dell'xi secolo non è attestato nessun castrum. Tuttavia, quello di Montis Sancti Petri dovette essere organizzato ben presto. Nel 1250 l'Episcopato cedette la giurisdizione su Monte San Pietrangeli ai Fermani. Nel 1444 il papato, allora in guerra con il signore di Fermo Francesco Sforza, riconobbe a Montis Sancti Petri la diretta soggezione alla Santa Sede.

Breve storia di Monte Rinaldo

Nel 1957, in località La Cuma, venne rinvenuto un tratto di pavimento a mosaico. Le campagne di scavo del 1958-62, individuarono un santuario di età tardo-repubblicana (secoli ii-i a.C.), caduto in disuso in seguito a dissesti geologici, sul quale vennero poi edificate altre strutture pertinenti a una villa rustica. Bloccati gli scavi nel 1962, nei due anni successivi venne ricostruito in parte il colonnato.

Il santuario di Santa Maria delle Grazie a Monte Giberto

L'attuale edificio del santuario di Santa Maria delle Grazie a Monte Giberto venne realizzato nel 1757 su disegno dell’architetto Giovan Battista Vassalli. I lavori terminarono venti anni dopo. Nel 1873 venne realizzato, a cura di don Nicola Arpili, nato a Monte Giberto nel 1836, il portico antistante la facciata, aperta da cinque arcate a tutto sesto.
Il catino absidale
L’interno è a tre navate. Quella centrale termina con catino absidale. La volta, a botte lunettata, è decorata da affreschi del fermano Armando Moreschini, realizzati nella seconda metà degli anni '40 del secolo scorso. Entro cornici mistilinee sono le scene raffigurati: lo Sposalizio della Vergine, l’Annunciazione, l’Assunzione della Vergine e l’Incoronazione della Vergine.

Breve storia di Monsampietro Morico

Monsampietro Morico nel xii secolo apparteneva all’abbazia di Farfa. Nel 1317 venne sottomesso da Fermo, città che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno. Prima di sottomettersi, i monsampietrini avevano dato vita ad autonome istituzioni comunali, liberandosi da una probabile signoria feudale.
Per tradizione Monsampietro Morico venne fondato da Malugero Melo, figlio di Drogone d’Altavilla, conte normanno delle Puglie, arrivato nel Fermano nel 1051. Qui sposò la fermana Morica, dalla quale prese nome il castello. Questa storia venne riportata dall’erudito Natale Medaglia nelle Memorie istoriche della città di Cluana, volume del 1692. L’autore fa riferimenti a una lapide trovata nella chiesa di San Giorgio a Sant’Elpidio Morico (frazione di Monsapietro Morico), da tempo scomparsa, come la stessa lapide, che attestava l’improbabile racconto.

domenica 19 gennaio 2014

Breve storia di Rapagnano

Nel 1881, in contrada San Tiburzio, vennero recuperati diversi reperti piceni del vi secolo a.C., adesso ad Ancona, nel Museo archeologico nazionale delle Marche. 
Nel 1911, in contrada Santa Colomba, vennero trovate strutture murarie intonacate all’interno in opus signium, probabilmente parti di una cisterna. Del resto, lo stesso toponimo Rapagnano è un prediale romano, derivato dal nome dell’antico proprietario del fondo, unito al suffisso aggettivamente -anus.

Breve storia di Servigliano


Servigliano è un paese realizzato alla fine del xviii secolo su progetto dell'architetto Virginio Bracci.

Lungo la strada Matenana, in direzione di frazione Curetta, troviamo resti di una villa rustica in opus caementicium. Del resto, lo stesso toponimo Servigliano, è un prediale romano, derivato dal nome dell’antico proprietario del fondo, unito al suffisso aggettivamente -anus.
Castrum Serviliani, eretto nel 1108 sul monte Servigliano, rilievo non lontano da frazione Curetta, venne assoggettato entro la seconda metà del xiii secolo da Fermo, che lo controllava tramite un vicario del podestà fermano. Il funzionario, che peraltro poteva eleggere un proprio sostituto, restava in carica un anno. Sappiamo che nel 1442 le truppe di Niccolò Piccinino, allora in guerra con il signore di Fermo Francesco Sforza, depredavano il castrum.

l mazzamurelli dei Sibillini

Anime del Purgatorio
Nelle notti, un brusco rumore, come se qualcuno colpisse le mura dell’abitazione, spaventava gli abitanti dei paesi dei Monti Sibillini. Erano i mazzamurelli. La scrittrice Caterina Pigorini-Beri (Fontanellato, 1845 – Roma, 1924), in un’intervista fatta a una vecchia di Camerino (pur se distante da Fermo, il folclore è lo stesso), domandando chi erano i mazzamurelli, ottenne questa risposta: «Sono quelle benedett’anime, capisci?»[1]

sabato 18 gennaio 2014

Il Parco nazionale dei monti Sibillini nell'Appennino umbro-marchigiano

I monti Sibillini sono formati da una catena calcarea e calcareo-marnosa (Mesozoico, 248-65 milioni di anni fa), correlabile alle formazioni sedimentarie emerse durante la prima fase di sviluppo dell’Appennino. 
La morfologia è molto varia. Tra i processi morfogenetici che hanno interessato l’area, l’azione erosiva dei ghiacciai del Pleistocene (circa 1.800.000 - 10.000 anni fa). Per la natura calcarea del substrato, che permette alle acque meteoriche di penetrare nel sottosuolo, i Sibillini sono soggetti a fenomeni di carsismo.

Il Parco nazionale dei monti Sibillini comprende i comuni di: Acquacanina, Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Fiastra, Fiordimonte, Pievebovigliana, Pieve Torina, San Ginesio, Ussita, Visso, Amandola, Montefortino, Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco, Norcia e Preci.

La chiesa di Sant'Agostino, o santuario del Beato Antonio ad Amandola

Da piazza Risorgimento, attraverso una scalinata realizzata nel 1853, scendiamo fino alla chiesa di Sant'Agostino, o santuario del Beato Antonio: tale titolo, però, è riferito alla sola cappella che custodisce le spoglie del beato Antonio Migliorati (Amandola, 1355 - Ivi 1450), compatrono della cittadina dal 1470.Un primo edificio venne realizzato nella seconda metà del xiii secolo. Negli anni 1422-50, priore lo stesso Antonio Migliorati, l’edificio sacro subì tutta una serie di ampliamenti. Tuttavia, la ricostruzione poté essere portata a termine solo dopo la morte del beato, nel 1468 circa. Il beato Antonio Migliorai era morto nel 1450. Il suo corpo, era stato seppellito in una semplice sepoltura a terra, davanti alla porta del coro. Tuttavia, nel 1453, venne decisa una più degna sepoltura. Dopo l’esumazione, il corpo, composto in una cassa di noce, fu sistemato nell’altare laterale di sinistra della chiesa, sotto la scultura della Pietà (inizi xv secolo), dinanzi alla quale il beato aveva passato tante notti in preghiera. Nel 1606 il Consiglio generale di Amandola dette l’incarico ai priori di eleggere una deputazione per l’erezione di una cappella in onore del beato. Prima di deliberare i fondi necessari, venne deciso di presentare un progetto per la cappella, affidato al ginesino Domenico Malpiedi, al quale era stata commissionata anche la ricostruire dell’altare maggiore, dietro al quale sarebbe stato eretto il monumento al beato Antonio. I lavori erano conclusi nel 1612.