La chiesa di Santa Anatolia a Petritoli, realizzata negli anni 1913-15, ha preso il titolo dalla plebs
Sanctae Natholie, eretta dai Farfensi fuori dal paese, non lontano dal santuario di Santa Maria della
Liberata, nei pressi del quale sono venuti alla luce ruderi di costruzioni
romane (iv secolo d.C.). La pieve è
attestata nel 1063 tra i possessi dell'Episcopato di Fermo. L'edificio, abbandonato
entro il xiii secolo, venne
ricostruito entro le mura di Petritoli, dov'è l’attuale chiesa, riedificata probabilmente riutilizzando le vecchie murature.
La facciata a
salienti della moderna costruzione, decorata lungo la linea di gronda da una
serie di archetti pensili, è aperta da portale, sormontato da rosone. Una forma che, ritingo, ricalchi quella chiesa del xiii secolo.
Nell'interno, ai lati della bussola papale, sono collocati due cippi cinerari cilindrici (secoli i-ii d.C.): uno di T. Saturius Celer, l'altro di Fadia Paulla, riutilizzati come acquasantiere. Nell’abside è raffigurata Santa Anatolia, dipinta nel 1933 da Dario Galeazzi.
Nell'interno, ai lati della bussola papale, sono collocati due cippi cinerari cilindrici (secoli i-ii d.C.): uno di T. Saturius Celer, l'altro di Fadia Paulla, riutilizzati come acquasantiere. Nell’abside è raffigurata Santa Anatolia, dipinta nel 1933 da Dario Galeazzi.
Dell’arredo sacro
fa parte una Croce astile sbalzata in
argento parzialmente dorato a estremità lobate, realizzata in ambiente
marchigiano durante il xv secolo e
restaurata, con la sostituzione del Crocifisso,
nel xvi secolo.
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