Stando alla tradizione la prima cappella dell'attuale santuario di Santa Maria dell’Ambro a Montefortino, venne eretta in seguito all’apparizione della Vergine alla pastorella Santina, muta
fin dalla nascita che, alla manifestazione della madre di Dio, riacquistò per
miracolo la parola. La tradizione è piuttosto tarda, dal momento che appare per
la prima volta in una manoscritto di padre Giuseppe da Fermo del 1906. Nel 1925
nel numero della “Voce delle Marche” leggiamo che: “sulla sponda sinistra del
fiume [Ambro] esisteva dentro la cavità di un faggio un’effige della Madonna,
innanzi alla quale era solita pregare un’ingenua pastorella, sordomuta dalla
nascita. A premiare la devozione in un mattino luminoso di maggio le comparve,
circondata di straordinario splendore e ornata di celeste bellezza, la divina
Signora e ridonatole all’istante la favella: “Va – le disse – reca la notizia
di’ ai sacerdoti di Monte Fortino che qui deve sorgere un tempio ove io
spanderò le mie grazie”. Ubbidì la semplice fanciulla, narrò il prodigio; e
sorse la chiesa sul luogo indicato».
Negli anni 1947-49, rettore padre Federico da Mogliano, venne murata dietro l’altare della cappella della Madonna dell'Ambro la lapide: secondo la pia tradizione, nel maggio del mille, la vergine ss.ma / cinta di straordinario splendore, apparve in questa sacra roccia, al- / l’umile pastorella santina, muta fin dalla nascita. la fanciulla ottenne prodigiosamente il dono della parola in premio delle preghiere ed / offerte di fiori silvestri che ogni giorno faceva all’immagine della / madonna, posta nella cavità di un faggio. / pio pellegrino, prega con affetto la gran madre, perché anche tu, / insieme ai tanti beneficiati possa sciogliere l’inno di lode e di perenne / ringraziamento alla celeste benefattrice.
Negli anni 1947-49, rettore padre Federico da Mogliano, venne murata dietro l’altare della cappella della Madonna dell'Ambro la lapide: secondo la pia tradizione, nel maggio del mille, la vergine ss.ma / cinta di straordinario splendore, apparve in questa sacra roccia, al- / l’umile pastorella santina, muta fin dalla nascita. la fanciulla ottenne prodigiosamente il dono della parola in premio delle preghiere ed / offerte di fiori silvestri che ogni giorno faceva all’immagine della / madonna, posta nella cavità di un faggio. / pio pellegrino, prega con affetto la gran madre, perché anche tu, / insieme ai tanti beneficiati possa sciogliere l’inno di lode e di perenne / ringraziamento alla celeste benefattrice.
La
prima notizia sull’antica chiesa di Santa Maria de Amaru o de Amaro è una
chartula donationis del 1073, conservata, fino alla metà del xix
secolo, nell’Archivio Storico Comunale di Montefortino. Nel 1757 Giovanni
Panelli nelle sue Memorie degli uomini
illustri e chiari in medicina del Piceno o sia della Marca d’Ancona, parla
dell’atto rogato dal conte e notaio Adalberto nell’anno 1073, la cui copia è
conservata nell’Archivio del monastero dei Ss. Vincenzo ed Anastasio in
territorio d’Amandola. Nel 1783 il conte Leopardo Leopardi ne le Memorie istoriche di Montefortino nella
Marca raccolte dal conte Leopardo Leopardi, patrizio recanatese e cittadino di
essa Terra, dedicate e presentate dal medesimo all’illustrissimo signore
Alberto Devoti, Delegato Apostolicon l’anno 1783 ricorda: "…un chiarissimo
documento in pergamena, benché alquanto più moderna, rogato da Atto notaro
l’anno 1073, esistente nell’Archivio segreto di detta Terra preso i PP. Minori
Osservanti; in esso Rolando, abbate di S. Anastasio, ed Alberto conte suo
fratello, figli di Adalberto conte, discendenti da sangue longobardo, donano
alla chiesa della Vergine Santissima dell’Ambro, di pertinenza di detta badia,
fondata da’ loro antenati, mille modioli di terreno con vigne, selve, molini,
folle, pascoli nel territorio di Montefortino con queste parole: quod situl est in fundio Cisiano,
territorio Fortini, ed ivi poco più sotto in honorem Mariae sempre Virginis in comitatu Firmano".
In
un manoscritto anonimo sul santuario dell’Ambro, redatto verso la metà del xix secolo, è ricordato: "Un istromento conservato nel’Archivio
segreto di questo Comune, datato li 8 luglio 1073, ci narra che l’abbate
Rollando, superiore del vicino monistero di S. Anastasio, posto nel fondo Cisiano,
territorio di Fermo, oggi di Amandola, ed il conte Alberto figlio del conte
Adelberto, monaco sacerdote nel medesimo convento e che era discendente di
Grimaldo quondam Adelberti, edificarono la chiesa suddetta di S. Maria coi
propri loro denari prima di detto anno 1073 in loco quod dicitur Amarus in
fundo Stateriano in comitatu Firmano, compreso nelle giurisdizioni del Castello
sotto cui trovasi il cenobio di S. Anastasio. E non contenti essi di esprimere
a Maria Santissima la gratitudine del loro cuore, per una grazia singolare compartitagli,
coll’edificare detta chiesa di iuspatronato del fu conte Adelberto monaco, la
arricchirono eziando col sopra citato atto delli 8 luglio 1073 della immensa
quantità di modioli 1042 di terreni situati nel d’intorno alla chiesa medesima
facendogliene donazione amìlissima col consenso degli altri monaci che
presiedevano in detto cenobio e trasferendogli le ragioni tutte colle quali gli
furono ceduti tali beni da Lopardo re de’ Longobardi, mediante atto precedente,
nel quale esso re firmavasi Angobardus, alla quale liberalità non solo erano
mossi i donanti dalla devozione verso Maria Santissima, ma ben’anche dal
pensiero di giovare alle anime loro, de’ genitori e genitrici, di quella di
Adelberto conte e di Gaudenzio, fratello di Rollando".
Tirando le somme: la cappella
venne dotata di circa 200 ettari di terra dal conte Alberto e da suo fratello
Rolando, abate del vicino monastero dei Ss. Vincenzo e Anastasio, figli del
conte Adalberto. La chiesa di Santa Maria de
Amaro, detta anche de Stateriano, dovette essere stata fondata, intorno
all’anno Mille, dai loro antenati, forse dallo stesso Adalberto. Nel 1235
Ruggero e Guglielmo del fu Rinaldo di Simone restituirono l’edificio sacro
all’abate di S. Anastasio in Cisiano, Giovanni, che nominò rettore della chiesa
Matteo. Il 5 aprile 1290 Mainardo, cappellano della chiesa, pagò 20 soldi di
decima alla Chiesa di Roma. Nel 1299 ne versò altri 20, per mano di
Gentile, cappellano della chiesa fermana di Santa Maria Maddalena. Alla fine del xiii secolo l’edificio sacro risulta
legata all’Episcopato di Fermo, alla quale deve versare le decime. Agli inizi
del xiv secolo il Comune di
Montefortino ottenne giurisdizione su vasti territori nell’area di Castel
Manardo, tra cui anche quello di S. Maria, sulla quale estese il diritto di
giuspatronato. Intorno al xvi
secolo, per accogliere l’antica struttura, venne eretta una nuova chiesa a
navata unica. Nel 1562 l’immagine della Vergine venne sostituita dall’attuale simulacro in terracotta policroma rappresentante la Madonna col Bambino, conosciuta come Madonna dell'Ambro.
Nel 1574 con la bolla In prima visistatione il vescovo di Fermo Felice Peretti, poi papa Sisto V, assegnò
alla mensa del Capitolo dei canonici del duomo di Fermo tutti i benefici della
chiesa, destinati al mantenimento della Cappella musicale della cattedrale di
Santa Maria Assunta, col diritto di nominarne il rettore, soggetto all’annuale
visita canonica, lasciando, però, il giuspatronato a Montefortino.
Negli
anni 1606-10 l’architetto Ventura Venturi risistemò il presbiterio, con la
creazione di un’abside esterna, in modo da inglobare la vecchia cappella della
Madonna dell’Ambro. La ricostruzione della chiesa, su progetto dello stesso
architetto, iniziata l’anno dopo, durò fino al 1640. Dal 1897 il santuario è
retto dai Cappuccini.
Nel 1920 Virginio Parodi realizzò l’affresco della Regina della Pace, invocata da papa Benedetto XV e dai soldati della prima guerra mondiale. Della stessa mano, ai lati dell’altare maggiore, vennero realizzati l’Apparizione della Vergine alla pastorella Santina (sinistra), il miracolo che la tradizione vuole alla base dell’erezione della chiesa e i Santi Francesco, Benedetto e Romualdo (destra).
Nel 1920 Virginio Parodi realizzò l’affresco della Regina della Pace, invocata da papa Benedetto XV e dai soldati della prima guerra mondiale. Della stessa mano, ai lati dell’altare maggiore, vennero realizzati l’Apparizione della Vergine alla pastorella Santina (sinistra), il miracolo che la tradizione vuole alla base dell’erezione della chiesa e i Santi Francesco, Benedetto e Romualdo (destra).
Il portico antistante la facciata è del 1936. L’interno
è a navata unica, fiancheggiata da sei cappelle laterali. L’attuale altare
maggiore venne realizzato nel 1980 recuperando un paliotto ligneo dorato del xvii secolo.
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La Visitazione |
Entro riquadri
sono raffigurati quattro profeti a figura intera: Geremia, Mosè, David e Salomone, sormontati da quattro Sibille: Cumana, Eritrea, Agrippa e Ellespontica. Delle altre sono rappresentate a mezza figura: Persica, Samia, Delfica, Libica, Chimica, Tiburtina, Frigia e Europa
Gli oracoli che mostrano quasi tutte le Sibille sono
tratti per lo più dal Discordantiae nonnullae inter
sanctum Hieronymus et Augustinus, una sorta di enciclopedia sibillina
pubblicata a Roma nel 1481, dal domenicano Filippo Barbieri. La
Cumana: magnus ab / integro se- / culor(um)
nasci- / t(ur) ordo, iam / redit et vir- / go redeu(n)t sa- tur(n)ia reg(n)ia (così)
no- / va p(ro)ge(n)ies
celo / dimittitur / alto; profezia che proviene dalla IV egloga di
Virgilio. L’Eritrea: huma(n)<a>bit(ur) pro- / les
domi(n)a (così per divina) u(n)ietur (così per iungentur) / humanitati divinitas, testo profetico
desunto da una scritto gioachimita del xiii
secolo. L’Agrippa priva del
testo oracolare, ma identificata dall’iscrizione: si(bylla) agrippa.
L’Ellespontica priva anche questa del
responso oracolare, ma identificata dall’iscrizione: si(bylla) hellespo(n)tica.
Le altre sibille a mezza figura: la Persica:
et gr- / emium / virginis / erit / salus
/ gentiu(m). La Samia: ecce ve- / niet di- / ves et / nascet- / ur de
/ pauper- / cula (termine quest’ultimo di derivazione
francescana). La Delfica: nascetur / propheta / absque / matris (così, forse maris) / coitu ex / virgine
/ eius. La Libica: uterus / matris / eius eri- / t state- / ra
cun- / toru(m) (così, per cuntorum). La Chimica: in p(rim)a fa- / cie virgi- / nis asce(n)d-
/ et puella / facie / pulcra / sede(n)s
su- / p(er) sede (m) / strata(m) pue- / r(um) nutrie(n)s / da(n)s
ei ius / p(ro)prium / ……,
testo dal trattato Introductorium in
astronomiam dell’astrologo arabo Abu Mashar (prima metà ix secolo), tradotto in latino nel 1130
da Iohannes Hispalensis e venti anni dopo da Hermannus secundus. La Tiburtina: o felix / illa mater / cuius ubera / illum / lactabu(n)t, testo desunto da uno scritto
gioachimita. La Frigia, con la scritta an(n)u(n)ciabi- / tur
in val- / libus de- / sertoru(m) /
virgo. L'Europea, identificata per esclusione, non ha alcun segno di riconoscimento (tanto che non è ancora chiaro il perché).
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Lo sposalizio della Vergine |
L’origine dei testi, con uno ampio contenuto mariologico, è stata attribuita ad ambienti gioachimiti, con l’apporto di esponenti dell’ordine minoritico francescano.
È in interessante notare come questi testi possano rimandare, seppure vagamente, al pensiero dei Fraticelli, fedeli allo spirito pauperistico del testamento di san Francesco Dopo la morte di san Francesco, il movimento francescano si era ben spaccato in due. Da una parte, gli Spirituali intendevano restare fedeli alle ispirazioni originali del santo, soprattutto in materia di povertà. Dall’altra, i Conventuali accettavano come condizione per far crescere l’ordine, l’uso (o il possesso) di quanto fosse necessario. Nel 1322 il Capitolo generale dell’Ordine tenuto a Perugia aveva fatto proprie le posizioni pauperistiche degli Spirituali, condannate però l’anno successivo come eretiche dalla bolla Cum inter nonnullos di papa Gregorio XXII. Molti Spirituali confluiranno allora nel movimento dei Fraticelli o Fratres de paupere vita di Michele da Cesena, l’ex generale dell’Ordine francescano che 1322 aveva convocato il Capitolo generale. Nella prima metà del XV secolo, Giacomo della Marca intraprese una dura battaglia per estirpare una volta per tutte dal nostro territorio l’eresia dei Fraticelli (legata peraltro al pensiero di Giacchino da Fiore), presto "cancellata". Non possiamo, dire che questi dipinti, possono essere un richiamo ai Fraticelli (sarebbe assurdo!). Tuttavia, sembra che con questi testi i Francescani (al quale come abbiamo detto è stata attribuito l'apporto) cercassero di ricondurre, quelle ch'era stata l'eresia dei Fraticelli, all'interno della Chiesa. In quegli anni negli ambienti francescani era sempre più forte la spinta a un ritorno alla modo di vita di san Francesco. Pensiamo ai frati Cappuccini, fondati dal nel 1520 circa dal frate osservante Matteo da Bascio (Pennabilli, 1495 circa – Venezia, 1552), che nei primi anni dovette nascondersi dalla Chiesa, che vedeva nelle sue posizioni, una forma di ritorno a quelle dei Fraticelli. Tuttavia, il movimento riuscì a trovare una mediazione, tanto che nel 1528 ottenne l'approvazione papale.
Per quello che mi riguarda, i testi nei dipinti di Martino Bonfini, andrebbero ricollegati sì ad ambienti gioachimiti, ma con l’apporto di esponenti dei Cappuccini, che cercavano di dar risalto a quanto di "buono" poteva essere rimasto del messaggio pauperistico dei primi francescani.
Bibliografia
G. Santarelli, Il Santuario della Madonna dell’Ambro, Edizioni “Voce del Santuario Madonna dell’Ambro”, Montefortino 1981.
P. De Vecchi, Appunti sul ciclo di Martino Bonfini alla Madonna dell’Ambro, in Il santuario dell’Ambro e l’area dei Sibillini. Atti del convegno di studi (Santuario dell’Ambro, 8-9 giugno 2001), a cura di G. Avarucci (Fonti e studi, 11), Edizioni di “Studia Picena”, Ancona 2002, pp. 309-319.G. Santarelli, Il Santuario dell’Ambro e i Cappuccini, in Il santuario dell’Ambro e l’area dei Sibillini. Atti del convegno di studi (Santuario dell’Ambro, 8-9 giugno 2001), a cura di G. Avarucci (Fonti e studi, 11), Edizioni di “Studia Picena”, Ancona 2002, pp. 183-255.
G. Capriotti, Santa Maria in Pantano. La Chiesa delle Sibille, Lamusa, Ascoli Piceno 2003.
D. Pacini, Il territorio dei Sibillini nei secoli X-XI e le origini della chiesa di S. Maria dell’Ambro, in Il santuario dell’Ambro e l’area dei Sibillini. Atti del convegno di studi (Santuario dell’Ambro, 8-9 giugno 2001), a cura di G. Avarucci (Fonti e studi, 11), Edizioni di “Studia Picena”, Ancona 2002, pp. 1-41.
Vedi anche la voce del blog La Sibilla dell'Appennino.
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