Nel 1811 venne costituita
una società di 50 condomini per la costruzione a Porto San Giorgio di un teatro
dotato di 50 palchi. L'anno dopo venne approvato il progetto di Giuseppe
Lucatelli (Mogliano 1751 – Tolentino, 1828). I lavori, iniziati nel 1813, vennero affidati al sangiorgese Carlo
Basili, sotto la direzione dei condomini Melchiorre Salvadori, Antonnicola
Cristiani e Vincenzo Antonucci. Ultimati i lavori nel 1816, il teatro venne
inaugurato l'anno successivo.
Negli anni 1858-62 venne rinnovato l'interno. Durante quei lavori il soffitto venne ridipinto da
Mariano Piervittori (Tolentino, 1818 – Perugia, 1888), autore anche del sipario (purtroppo andato perduto), realizzato per ricordare l’ingresso a Porto San Giorgio del re Vittorio Emanuele II,
cui venne intitolato il teatro nel 1862, quando l’edificio venne riaperto al
pubblico.
Sotto la presidenza del marchese Filippo Trevisani venne presentato un primo progetto di radicale restauro, a firma di Antonio Vandone (1862-1937), intrapreso nel 1911, ma non rispettato in pieno per mancanza di fondi. I lavori proseguirono sotto la presidenza di Guerriero Pignatelli, affiancato dalla commissione amministrativa formata dal sindaco del Porto Pompeo Cionfrini, da Andrea Baglioni, Lorenzo Marchelli, Nazzareno Giammarini, e dal direttore dei lavori, il capomastro Domenico Basili. La decorazione della sala venne affidata al fermano Gaetano Galassi (1858-1930), autore anche di quattro scene dipinte. Altre due scene vennero eseguite da Egidio Coppola (Ripi, 1852 – Ascoli Piceno, 1929), autore, su bozzetto dello stesso Gaetano Galassi, anche di un secondo telone: il Comodino, raffigurante un panneggio serico tratteggiato da cordoni. Entro il 1912 Sigismondo Nardi (Porto San Giorgio, 1866 – Ivi, 1924), decorò la volta. Nel 1913 il teatro venne riaperto con la Bohème di Giacomo Puccini.
Sotto la presidenza del marchese Filippo Trevisani venne presentato un primo progetto di radicale restauro, a firma di Antonio Vandone (1862-1937), intrapreso nel 1911, ma non rispettato in pieno per mancanza di fondi. I lavori proseguirono sotto la presidenza di Guerriero Pignatelli, affiancato dalla commissione amministrativa formata dal sindaco del Porto Pompeo Cionfrini, da Andrea Baglioni, Lorenzo Marchelli, Nazzareno Giammarini, e dal direttore dei lavori, il capomastro Domenico Basili. La decorazione della sala venne affidata al fermano Gaetano Galassi (1858-1930), autore anche di quattro scene dipinte. Altre due scene vennero eseguite da Egidio Coppola (Ripi, 1852 – Ascoli Piceno, 1929), autore, su bozzetto dello stesso Gaetano Galassi, anche di un secondo telone: il Comodino, raffigurante un panneggio serico tratteggiato da cordoni. Entro il 1912 Sigismondo Nardi (Porto San Giorgio, 1866 – Ivi, 1924), decorò la volta. Nel 1913 il teatro venne riaperto con la Bohème di Giacomo Puccini.
Il prospetto è decorato a
bugnato in mattoni. Nei lati del portale ad arco a tutto sesto troviamo due
piccole aperture quadrate. Tre finestre rettangolari sono aperte sopra una
lastra in pietra con la dicitura del poeta Jean de Santeul (Parigi, 1630 –
Digione, 1697): CASTIGAT RIDENDO MORES ("corregge i costumi
ridendo"), incisa tra le maschere della Commedia e della Tragedia. Il
timpano del prospetto è contornato da modanatura retta da mensolette.
L’interno
è a tre ordini di palchi con parapetti a fascia, divisi tra loro da setti
murari.
Nella volta Sigismondo Nardi rappresentò figure allegoriche delle arti
teatrali. Il parapetto, in marmo pentelico a trompe-l’oeil, è retto da
podio di tre gradini, che introduce un notturno con le dodici costellazioni
dello Zodiaco. Le stelle, tagliate nell’intonaco, sono illuminate da
lampadine. Al centro del notturno collocato un velario giallo. I bordi del
telo, decorato a motivi geometrici, sono tesi da corde argentate, realizzate
con stucco in rilievo che, incrociandosi, formano un fantasioso gioco
decorativo. Il velario simboleggia la Tenda di Serse, che i Greci conquistarono
con la battaglia di Salamina e, poi, distesero, proprio come un velario, sul
primo teatro dell’Acropoli ateniese.
Il parapetto fa da sfondo a delle
figure, raggruppate in quattro parti, divise da basamenti dove sono dipinti i
busti di autori greci: Sofocle (Tragedia), Aristofane (Commedia),
Alceo (Musica) e Pindaro (Danza). In ogni settore troviamo un
tronetto, affiancato da due cornucopie bronzee. Nel basamento è dipinto il nome
della forma artistica di quel settore, corredato da un motto del latinista
Giuseppe Albini.
Nella prima, dedicata alla Tragedia, sopra il boccascena del
teatro (introdotta dal motto: "Agilo di sublimi affanni le anime"), sono
dipinti: Il sacrificio del capro – La Colpa in groppa ad un
cavallo impennato guidato dalla Lusinga – Caino inseguito dalle
Furie (scena lacunosa a causa dello sfondamento della volta). Nella
parte dedicata alla Commedia ("Riverbero la vita come un iride"), sono: La Vendemmia – La Verità con lo specchio che riflette il vero aspetto della Vanità,
dell’Avarizia, dell’Invidia e della Lussuria. In quella della Musica ("S’apre
di sogni il ciel sopra il mio pelago"), sopra l’ingresso della platea,
sono: Iubal mentre costruisce la prima cetra con un teschio di bue – Il
simulacro di Atena sorretto da un giovane guerriero incitati da suonatori di
tube – Orfeo trasportato dai delfini – Il Canto e
Tibicina – Pitagora. Infine nella parte dedicata alla Danza
("Con me le grazie sorridendo volano") sono: La Danza dei Coribanti – La Danza d’Imeneo eseguita da giovinetti inghirlandati di rose intorno
alla fontana d’Ippocrene – La Danza di Salomè.
Nessun commento:
Posta un commento