Nel 1051 papa Leone IX in
diploma di conferma dei beni farfensi nella Marca nomina il castello di Force. Nel
1096 Mainardo di Brictolo cedette a Farfa il castello di Collis Macri (Colle Taddeo), con la chiesa di Santa Maria, parte
della chiesa di Santa Maria di Bolognano e della chiesa
di San Pietro e 1/4 del castello di San Giovanni (contrada San
Giovanni).
Negli
anni 1083-84 Carbone di Bonino aveva donato a Farfa altri beni nello stesso Collis Macer et in Beloniano (contrada
Bolognano) et in Caprilia (fosso
Capriglia), tutti confermati
tra i beni dell'abbazia in un diploma rilasciato nel 1118 da Enrico V[1].
Nel
1113 l'abate Berardo III concesse in enfiteusi a Bonuccio di Berardo alcune
terre in vocabulo Casalis (contrada
Casali, a Force) e Caesae (contrada
Cese, a Force), e in Comatica
(contrada Camutica a Montefalcone Appennino) et ad Sanctum Angelum (contrada Sant'Angelo a Force). Il 7
settembre 1198 papa Innocenzo III concesse a Farfa un ampio privilegio tra i
castelli è attestato quello di Ginestra,
acquistato dall'abate Berardo III (1099-1119), confermato tra i beni dell'abbazia in un diploma rilasciato nel 1118 da
Enrico V. Force si assoggetò ad Ascoli nel 1239.
Tra i possessi
farfensi è attestato fin dal dipolma di papa Leone IX il monastero di San
Salvatore, al quale nel 1080 Mainardo di Alberto donò alcuni terreni in
territorio Esculano ubi dicitur Collis
Macer (attuale Colle San Taddeo). Nel 1163 l'abate Gotfredo cedette ad
Attone di Trasmondo il castello di Venarotta in cambio del censuo annuo di tre
denari da pagarsi "super altaris Sancti Salvatoris in Aso". Nel 1193
l'abate Pandolfo cedette in enfiteusi a Gentile del fu Rainaldo Alberti alcuni
beni in pertinentia de Montecclo quod
est ecclesie Sancti Salvatoris. Di qui in poi non sappiamo più nulla del
monastero, presto andato demolito. Tuttavia, al posto rimase una chiesa di San
Salvatore, eretta dov'è adesso una casa colonica.
Nella contrada San
Taddeo, dov'era il castello di Collis
Macri, troviamo la chiesa di San Taddeo (xi-xii
secolo). Dell'edificio più antico, ricostruito nel xv secolo, resta una bifora con pulvino lavorato a
baccellature. Furio Cappelli ha messo in relazione la bifora della chiesa con
il pulvino di reimpiego nella torre campanaria dell'abbazia di Farfa in Sabina
(p. 292 nota 72).
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