BREVI NOTIZIE STORICHE DELLA CITTÀ DI
FERMO PER L’AVVOCATO GAETANO DE MINICIS.
Dalla Memoria «Al Primo
Parlamento Italiano per la Città e Provincia di Fermo».
BREVI NOTIZIE STORICHE DELLA CITTÀ DI
FERMO
Origine di Fermo
La fondazione di Fermo rimane ascosa
nelle tenebre della più remota antichità. Sappiamo solo tanto dagli storici,
che i Sabini partiti dalle loro terre venissero a popolare le contrade del
Piceno circa ai tempi della fondazione di Roma, e che dall’arrivo dei Sabini
all’occupazione romana vi fosse uno spazio di oltre cinque secoli, in cui poté
Fermo esser dai Piceni fabbricata. E che la città nostra in tale epoca fosse
una delle più nobili, e grandi del Piceno, se altro indizio non fosse, quello
solo saria bastante dell’essersi fra tutte scelta ad accogliere la prima colonia
romana trapiantata in questa regione, e dall’aver avuto il diritto della
monetazione; del che fanno fede le due monete gravi [monete fuse in bronzo tra il IV secolo a.C. e il III secolo a.C. nell'Italia centrale], cioè il triobolo e il
diobolo con chiara la leggenda FIRmum in esse improntata: conciosiaché i Romani
non concedevano mai tale eminente diritto ai popoli italiani da lor debellati,
se non a quelle città più popolose ed illustri.
E in vero che dai Romani nella guerra
che mossero sul declinare del quinto secolo contro i Piceni, per diritto di
conquista fosse occupato il loro territorio e dedotta in Fermo la prima colonia,
ce ne rende certi Velleio Patercolo (Lib. I) e Tito Livio (Lib.
27 e 12), riferendo che Fermo nella seconda guerra cartaginese, con altre
diciassette colonie, si mantenne fedele alla Repubblica romana, la quale si
conservò per l’aiuto di Fermo, e delle alleate colonie - Harum Coloniarum
subsidium tum imperium populi Romani stetit. Appiano Alessandrino ci narra che
avendo i Fermani accolto entro le sue mura Pompeo Strabone col suo esercito
fuggitivo, fu la salvezza dei Romani e l’origine della loro vittoria. Cicerone
in una lettera ad Attico (Lib. 4 ep. 8) chiama i Fermani Fratelli; nella Filippica settima dice
che essi furono i primi a somministrare denaro nella guerra del Senato contro
Marco Antonio; e Plinio Giuniore intitola Fermo Colonia ornatissima (Lib.
6 ep. 28).
E passando dalla Repubblica all’Impero,
i Cesari lasciarono in Fermo insigni monumenti, perciocché la città era
abbellita di mura ciclopee, di magnifiche terme e di templi, basiliche, teatri
e anfiteatri, ed anche di una Piscina [una grande cisterna, tuttora ben conservata] da disgradarne le famose sette Sale di
Roma, come apparisce dai superstiti ruderi, i quali, associati a varie
pregevoli iscrizioni e al furore sottratti dei barbari, che più fiate la
nostra patria disertarono, persuadono ai men veggenti la vetustà insiememente e
la possanza di Fermo.
Stato di
Fermo nei tempi di mezzo
Né per mutar che fece il Romano
Impero di venture, la gloria e il potere menomaronsi di essa città. Imperocché
i Longobardi capitanati da Alboino, recandosi in mano la Tuscia, l’Umbria e il
Piceno eziandio, nell’anno 770 eressero in Ducato Fermo, cui venne preposto a duca
un Tasbuno (Dux Civitatis Firmanae).
Ed in appresso si resse da sé per mezzo di conti e di marchesi; che
anzi sotto la condotta di questi, i Fermarli aiutarouo i Duchi di Spoleto e di
Benevento nella guerra contro Costantino VI imperatore.
Nel IX secolo i Fermani, che avevano
militato sotto Carlo Magno, furono da lui onorati con titoli di baroni. E
Pipino, venendo a Fermo, condusse seco molti dei cittadini contro Grimoaldo duca
di Benevento. Da questo secolo prende principio la erezione della Marca
Fermana, così appellata perché la sede principale era in Fermo.
Varie però furono le vicende di
questa città; poiché nel duodecimo secolo rimanendo oppressa dalle avanie dei consoli
imperiali e mal soffrendo il giogo straniero si unì agli altri popoli del
mezzodì d’Italia che convenuti in Ancona nel 1185 si ribellarono all’Impero e
si costituirono una forma di Governo indipendente e repubblicano. Da quel tempo
in poi Fermo cominciò a governarsi a Comune e colle proprie leggi, eleggendo un
podestà che le facesse osservare e riservando al Consiglio generale, chiamato
popolare e libero, l’esercizio
del sommo impero. Stabilita dalla Lega lombarda l’indipendenza italiana, questa
si estese ancora alla provincia fermana e l’autorità degli imperatori e dei papi
sulla città nostra fu poco più che nominale.
Altri segnalatissimi privilegi ebbe
Fermo e particolarmente quello della Zecca che le fu conceduto per virtù di un
diploma dall’imperatore Ottone IV, il quale tenendo occupata questa città
insieme con altre terre da esso tolte ai pontefici, alla medesima concedé il
diritto di batter moneta.
Questo monetale privilegio ebbe due
diplomi di conferma, uno da Aldobrandino marchese d’Este signore della Marca e l’altro
dal Pontefice Onorio III che nel 1220 volle distinguere egli stesso la città
nostra col conferirle il privilegio habendi proprium Cuneum ad cudendam
monetam citra valorem imperialium, come si legge nel Muratori, Antichità
italiche dissert. 27. Che il diritto della Zecca sia fra più grandi onori
di una città non è, credo io, chi voglia rivocarlo in dubbio. Perciocché le
romane leggi ascrivevano il gius
della Zecca tra i primi e più segnalati diritti di regalia, come quello che fin
dal principio era riservato al solo capo dell’Impero romano, e assai di rado
alle città conceduto.
Ed altro insigne privilegio accordò
esso imperatore a Fermo, che fu quello della giurisdizione e dominio dei lidi e
spiagge del mare Adriatico dal Tronto sino al fiume Potenza, il che viene
stabilito dai diplomi imperiali, conservati negli archivi fermani, e confermato
dai cronisti e storiografi di questa città.
Fu nel XIII secolo che Fermo
ricevendo per commissione dei pontefici ed imperatori sotto il suo dominio la
massima parte delle terre e castelli, che furono poi a lei soggetti o per
titoli onerosi o per ispontanee sommissioni, fondava la sua baronale
giurisdizione, come leggesi nello Statuto
municipale compilato dal celebre Paolo di Castro.
Molti furono i Signori, che nei secoli
susseguenti al terzodecimo dominarono la città di Fermo, fra quali Gentile da
Mogliano, Mercenario e Rinaldo da Monte Verde, Ludovico Migliorati ed il
celebre Francesco Sforza, poi duca di Milano, che qui tennero lor sede, come
città più cospicua delle Marche. Fu però questa sempre libera nel suo Governo;
perciocché si reggeva colle proprie leggi; aveva nel suo gran Consiglio i
diritti tutti di mero e misto imperio ed era indipendente nella elezione dei
propri magistrati non solo nella città, ma altresì nelle 48 castella soggette
alla dominazione di Fermo.
Università di Fermo
Né già solo per la sua autonomia, e
per virtù civili e militari ha sempre primeggiato Fermo tra le Italiche città,
ma si è altresì resa famosa nelle Lettere, nelle Scienze e Belle Arti. La sua
Università è delle più antiche e rispettabili d’Italia. Apprendiamo dalle
storie come Fermo fosse mai sempre lodata di Studi generali che quivi ebber
sede fin dal nono secolo; al quale, benché a ragione si desse il nome di
ferreo, pure la patria nostra fu per avventura la prima a risvegliare l’ardore
degli studi che da lunghissimi anni erano sventuratamente menomati e pressoché
spenti. Qui in fatto si eressero pubbliche scuole, ove convenir dovevano dalle
provincie marchegiane, dalle umbre e per sino dalle aprutine, tutti che
volessero all’alta istruzione informarsi; al che cooperarono grandemente le
cure di un fermano vescovo, Lupo, il quale nell’anno 826 aprì in Fermo
pubbliche scuole che furono poi confermate, dopo un triennio, dall’imperatore
Lotario I, come si raccoglie dal Muratori Script. Rerum Italie, T. I p. 2 e dal Catalani de Eccl. p. 107. Tali scuole
però avevan d’uopo di nuovi favori, e privilegi; il perchè Bonifacio VIII,
considerando che la città di Fermo sì per l’amena postura e per la purezza dell’aere,
e sì per l’abbondanza di tutte cose al viver necessarie e per la quiete dei
suoi abitatori, era la più acconcia alla tranquillità degli studi, con bolla
del 16 gennaio 1303 ordinò che vi fosse eretta una nuova Università del tutto
conforme a quella tanto celebre di Bologna. Ma come pur troppo avviene delle
umane cose, essendo scaduto questo scientifico stabilimento dal florido stato
in cui era il pontefice Sisto V marchegiano, con bolla del 13 Settembre 1585,
lo arricchì di privilegi particolari; ordinò, si ristorasse l’edifizio già
destinato a tale uopo, se ne accrescessero le rendite, vi si chiamassero ottimi
istitutori in ogni facoltà e godesse gli stessi onori delle università di Bologna,
di Padova, di Perugia e delle altre più illustri sì italiane che straniere,
talché il detto stabilimento ebbe nuova e splendidissima forma. Ed i professori che v’insegnarono le Scienze e le Lettere furono, specialmente negli studi
della giurisprudenza, assai valenti e illustri.
Accademie ed uomini illustri
Oltre all’Università hanno esistito
in Fermo varie Accademie letterarie che per più secoli fiorirono e furono
ricordate e commendate dagli storici della Letteratura italiana come si legge
nel Tiraboschi (St. della Lett.a It.a Tomo 7); nel Quadrio (Storia e ragione di ogni Poesia) e nella Biblioteca Picena (Tit. IV. pag. 196 p. 68 ). La più antica si
appellò dei Raffrontati; vi fu poscia quella degli Erranti, le quali furono
riunite, e poste sotto la protezione del Senato fermano. Nel Regno d’Italia,
mentre era Fermo capo luogo del Dipartimento del Tronto, prese il nome di
Società Letteraria. L’anno 1848 fu quivi istituita l’Accademia Agraria
Provinciale coi relativi Statuti, con
un professore di Agricoltura e di elementi di Botanica e con campo sperimentale
o podere modello per eseguire l’esperienze sui lavori ed opere d’ogni genere
relativi ai diversi rami di agricoltura. Havvi poi la pubblica Biblioteca ricca
di codici membranacei e cartacei e di edizioni pregevoli del XV secolo.
Non mancarono in Fermo uomini celebri
nelle Scienze e nelle Lettere, sì negli antichi, come nei moderni tempi;
perciocché fiorirono nel settimo secolo di Roma Lucio Equizio amicissimo dei
Gracchi, uomo popolare ed accetto alla plebe romana; Marco Gavio amicissimo di
Cicerone; Lucio Tarunzio dottissimo matematico e nei susseguenti secoli Sabino
stretto in amicizia con Plinio il giuniore; Lucio Celio Lattanzio, Ostilio
Ricci maestro del sommo Galilei ed altri che troppo lungo sarebbe indicare.
Ed anche nel secolo che corre, Fermo
fu sempre sede e capo luogo di provincia. E nel vero: allorquando le Marche
furono annesse da Napoleone il Grande al Regno d’Italia fra le più importanti
provvidenze, alle quali si pose mente per una regolare e spedita
amministrazione della cosa pubblica, fu quella della circoscrizione o riparto
di queste provincie. Quel sommo imperante con decreto del 20 aprile dell’anno
1808, venti giorni innanzi alla riunione di quei paesi al suo Regno, prescrisse
che tre dipartimenti venissero formati delle Marche, denominandoli del Metauro,
del Musone e del Tronto. Pel primo scelse a capo luogo Ancona, pel secondo
Macerata e pel terzo Fermo. Questo Dipartimento aveva sotto di sé Camerino ed
Ascoli, ed era nella quantità degli abitanti equiparato a quei di Ancona e di
Macerata. Cessò il Governo italico e il pontificio succedutogli nell’anno 1815
eresse Fermo a capo luogo, col titolo di Delegazione di seconda classe. Quindi
Leone XII riconoscendo la convenienza di riunire la Delegazione di Ascoli, che
era di terza classe, a quella di Fermo, decretò che questa città fosse sede e
capo luogo di ambedue le provincie.
Dalle cose sin qui
discorse chiaro si apprende che la città di Fermo per oltre venti secoli ebbe
sempre una individualità sua speciale, giammai cambiata per variare di tempi e
di fortune: difatto se si consideri la sua storia ai tempi in cui fu colonia
della Repubblica e dell’Impero romano o nella decadenza di questo per la invasione
delle orde barbariche e nel sorgere successivo delle libertà municipali e dei
feudali dispotismi, noi troviamo che la nostra patria conservò sempre quella
prevalente importanza, che la rese una delle città primissime della regione picena.
Le grandi memorie delle varie epoche, di cui parlammo, rammentano i suoi
monumenti, i suoi uomini illustri, le sue influenze come centro di sociali e
morali miglioramenti e soprattutto quegli ottimi studi che iniziati nel nono
secolo diffusero in tutta Italia l’amore delle Scienze e delle Lettere. Nei
tempi poi che appelliamo moderni, Fermo si mantenne altresì nella sua
antichissima gloria e sotto il reggimento dei romani pontefici e sotto quello
dell’antico Regno d’Italia. Dovrebbe
perderla oggi! Noi confidenti sì nelle tradizioni del passato, come nelle
condizioni naturali e nei costumi di queste popolazioni abbiamo ogni diritto a
sperare che no; dappoiché la nostra fiducia è conforme alle ragioni storiche,
alle condizioni geografiche e ai bisogni dei nostri commerci e delle nostre
industrie.
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