sabato 28 febbraio 2015

La storia di Fermo scritta dall'avvocato Gaetano De Minicis per "ricordare" al Governo italiano come la città era la più indicata a mantenere il capoluogo di Provincia

BREVI NOTIZIE STORICHE DELLA CITTÀ DI FERMO PER L’AVVOCATO GAETANO DE MINICIS. 
Dalla Memoria «Al Primo Parlamento Italiano per la Città e Provincia di Fermo».

BREVI NOTIZIE STORICHE DELLA CITTÀ DI FERMO

Origine di Fermo

La fondazione di Fermo rimane ascosa nelle tenebre della più remota antichità. Sappiamo solo tanto dagli storici, che i Sabini partiti dalle loro terre venissero a popolare le contrade del Piceno circa ai tempi della fondazione di Roma, e che dall’arrivo dei Sabini all’occupazione romana vi fosse uno spazio di oltre cinque secoli, in cui poté Fermo esser dai Piceni fabbricata. E che la città nostra in tale epoca fosse una delle più nobili, e grandi del Piceno, se altro indizio non fosse, quello solo saria bastante dell’essersi fra tutte scelta ad accogliere la prima colonia romana trapiantata in questa regione, e dall’aver avuto il diritto della monetazione; del che fanno fede le due monete gravi [monete fuse in bronzo tra il IV secolo a.C. e il III secolo a.C. nell'Italia centrale], cioè il triobolo e il diobolo con chiara la leggenda FIRmum in esse improntata: conciosiaché i Romani non concedevano mai tale eminente diritto ai popoli italiani da lor debellati, se non a quelle città più popolose ed illustri.
E in vero che dai Romani nella guerra che mossero sul declinare del quinto secolo contro i Piceni, per diritto di conquista fosse occupato il loro territorio e dedotta in Fermo la prima colonia, ce ne rende certi Velleio Patercolo (Lib. I) e Tito Livio (Lib. 27 e 12), riferendo che Fermo nella seconda guerra cartaginese, con altre diciassette colonie, si mantenne fedele alla Repubblica romana, la quale si conservò per l’aiuto di Fermo, e delle alleate colonie - Harum Coloniarum subsidium tum imperium populi Romani stetit. Appiano Alessandrino ci narra che avendo i Fermani accolto entro le sue mura Pompeo Strabone col suo esercito fuggitivo, fu la salvezza dei Romani e l’origine della loro vittoria. Cicerone in una lettera ad Attico (Lib. 4 ep. 8) chiama i Fermani Fratelli; nella Filippica settima dice che essi furono i primi a somministrare denaro nella guerra del Senato contro Marco Antonio; e Plinio Giuniore intitola Fermo Colonia ornatissima (Lib. 6 ep. 28).
E passando dalla Repubblica all’Impero, i Cesari lasciarono in Fermo insigni monumenti, perciocché la città era abbellita di mura ciclopee, di magnifiche terme e di templi, basiliche, teatri e anfiteatri, ed anche di una Piscina [una grande cisterna, tuttora ben conservata] da disgradarne le famose sette Sale di Roma, come apparisce dai superstiti ruderi, i quali, associati a varie pregevoli iscrizioni e al furore sottratti dei barbari, che più fiate la nostra patria disertarono, persuadono ai men veggenti la vetustà insiememente e la possanza di Fermo.

Stato di Fermo nei tempi di mezzo

Né per mutar che fece il Romano Impero di venture, la gloria e il potere menomaronsi di essa città. Imperocché i Longobardi capitanati da Alboino, recandosi in mano la Tuscia, l’Umbria e il Piceno eziandio, nell’anno 770 eressero in Ducato Fermo, cui venne preposto a duca un Tasbuno (Dux Civitatis Firmanae). Ed in appresso si resse da sé per mezzo di conti e di marchesi; che anzi sotto la condotta di questi, i Fermarli aiutarouo i Duchi di Spoleto e di Benevento nella guerra contro Costantino VI imperatore.
Nel IX secolo i Fermani, che avevano militato sotto Carlo Magno, furono da lui onorati con titoli di baroni. E Pipino, venendo a Fermo, condusse seco molti dei cittadini contro Grimoaldo duca di Benevento. Da questo secolo prende principio la erezione della Marca Fermana, così appellata perché la sede principale era in Fermo.
Varie però furono le vicende di questa città; poiché nel duodecimo secolo rimanendo oppressa dalle avanie dei consoli imperiali e mal soffrendo il giogo straniero si unì agli altri popoli del mezzodì d’Italia che convenuti in Ancona nel 1185 si ribellarono all’Impero e si costituirono una forma di Governo indipendente e repubblicano. Da quel tempo in poi Fermo cominciò a governarsi a Comune e colle proprie leggi, eleggendo un podestà che le facesse osservare e riservando al Consiglio generale, chiamato popolare e libero, l’esercizio del sommo impero. Stabilita dalla Lega lombarda l’indipendenza italiana, questa si estese ancora alla provincia fermana e l’autorità degli imperatori e dei papi sulla città nostra fu poco più che nominale.
Altri segnalatissimi privilegi ebbe Fermo e particolarmente quello della Zecca che le fu conceduto per virtù di un diploma dall’imperatore Ottone IV, il quale tenendo occupata questa città insieme con altre terre da esso tolte ai pontefici, alla medesima concedé il diritto di batter moneta.
Questo monetale privilegio ebbe due diplomi di conferma, uno da Aldobrandino marchese d’Este signore della Marca e l’altro dal Pontefice Onorio III che nel 1220 volle distinguere egli stesso la città nostra col conferirle il privilegio habendi proprium Cuneum ad cudendam monetam citra valorem imperialium, come si legge nel Muratori, Antichità italiche dissert. 27. Che il diritto della Zecca sia fra più grandi onori di una città non è, credo io, chi voglia rivocarlo in dubbio. Perciocché le romane leggi ascrivevano il gius della Zecca tra i primi e più segnalati diritti di regalia, come quello che fin dal principio era riservato al solo capo dell’Impero romano, e assai di rado alle città conceduto.
Ed altro insigne privilegio accordò esso imperatore a Fermo, che fu quello della giurisdizione e dominio dei lidi e spiagge del mare Adriatico dal Tronto sino al fiume Potenza, il che viene stabilito dai diplomi imperiali, conservati negli archivi fermani, e confermato dai cronisti e storiografi di questa città.
Fu nel XIII secolo che Fermo ricevendo per commissione dei pontefici ed imperatori sotto il suo dominio la massima parte delle terre e castelli, che furono poi a lei soggetti o per titoli onerosi o per ispontanee sommissioni, fondava la sua baronale giurisdizione, come leggesi nello Statuto municipale compilato dal celebre Paolo di Castro.
Molti furono i Signori, che nei secoli susseguenti al terzodecimo dominarono la città di Fermo, fra quali Gentile da Mogliano, Mercenario e Rinaldo da Monte Verde, Ludovico Migliorati ed il celebre Francesco Sforza, poi duca di Milano, che qui tennero lor sede, come città più cospicua delle Marche. Fu però questa sempre libera nel suo Governo; perciocché si reggeva colle proprie leggi; aveva nel suo gran Consiglio i diritti tutti di mero e misto imperio ed era indipendente nella elezione dei propri magistrati non solo nella città, ma altresì nelle 48 castella soggette alla dominazione di Fermo.

Università di Fermo

Né già solo per la sua autonomia, e per virtù civili e militari ha sempre primeggiato Fermo tra le Italiche città, ma si è altresì resa famosa nelle Lettere, nelle Scienze e Belle Arti. La sua Università è delle più antiche e rispettabili d’Italia. Apprendiamo dalle storie come Fermo fosse mai sempre lodata di Studi generali che quivi ebber sede fin dal nono secolo; al quale, benché a ragione si desse il nome di ferreo, pure la patria nostra fu per avventura la prima a risvegliare l’ardore degli studi che da lunghissimi anni erano sventuratamente menomati e pressoché spenti. Qui in fatto si eressero pubbliche scuole, ove convenir dovevano dalle provincie marchegiane, dalle umbre e per sino dalle aprutine, tutti che volessero all’alta istruzione informarsi; al che cooperarono grandemente le cure di un fermano vescovo, Lupo, il quale nell’anno 826 aprì in Fermo pubbliche scuole che furono poi confermate, dopo un triennio, dall’imperatore Lotario I, come si raccoglie dal Muratori Script. Rerum Italie, T. I p. 2 e dal Catalani de Eccl. p. 107. Tali scuole però avevan d’uopo di nuovi favori, e privilegi; il perchè Bonifacio VIII, considerando che la città di Fermo sì per l’amena postura e per la purezza dell’aere, e sì per l’abbondanza di tutte cose al viver necessarie e per la quiete dei suoi abitatori, era la più acconcia alla tranquillità degli studi, con bolla del 16 gennaio 1303 ordinò che vi fosse eretta una nuova Università del tutto conforme a quella tanto celebre di Bologna. Ma come pur troppo avviene delle umane cose, essendo scaduto questo scientifico stabilimento dal florido stato in cui era il pontefice Sisto V marchegiano, con bolla del 13 Settembre 1585, lo arricchì di privilegi particolari; ordinò, si ristorasse l’edifizio già destinato a tale uopo, se ne accrescessero le rendite, vi si chiamassero ottimi istitutori in ogni facoltà e godesse gli stessi onori delle università di Bologna, di Padova, di Perugia e delle altre più illustri sì italiane che straniere, talché il detto stabilimento ebbe nuova e splendidissima forma. Ed i professori che v’insegnarono le Scienze e le Lettere furono, specialmente negli studi della giurisprudenza, assai valenti e illustri.

Accademie ed uomini illustri

Oltre all’Università hanno esistito in Fermo varie Accademie letterarie che per più secoli fiorirono e furono ricordate e commendate dagli storici della Letteratura italiana come si legge nel Tiraboschi (St. della Lett.a It.a Tomo 7); nel Quadrio (Storia e ragione di ogni Poesia) e nella Biblioteca Picena (Tit. IV. pag. 196 p. 68 ). La più antica si appellò dei Raffrontati; vi fu poscia quella degli Erranti, le quali furono riunite, e poste sotto la protezione del Senato fermano. Nel Regno d’Italia, mentre era Fermo capo luogo del Dipartimento del Tronto, prese il nome di Società Letteraria. L’anno 1848 fu quivi istituita l’Accademia Agraria Provinciale coi relativi Statuti, con un professore di Agricoltura e di elementi di Botanica e con campo sperimentale o podere modello per eseguire l’esperienze sui lavori ed opere d’ogni genere relativi ai diversi rami di agricoltura. Havvi poi la pubblica Biblioteca ricca di codici membranacei e cartacei e di edizioni pregevoli del XV secolo.
Non mancarono in Fermo uomini celebri nelle Scienze e nelle Lettere, sì negli antichi, come nei moderni tempi; perciocché fiorirono nel settimo secolo di Roma Lucio Equizio amicissimo dei Gracchi, uomo popolare ed accetto alla plebe romana; Marco Gavio amicissimo di Cicerone; Lucio Tarunzio dottissimo matematico e nei susseguenti secoli Sabino stretto in amicizia con Plinio il giuniore; Lucio Celio Lattanzio, Ostilio Ricci maestro del sommo Galilei ed altri che troppo lungo sarebbe indicare.
Ed anche nel secolo che corre, Fermo fu sempre sede e capo luogo di provincia. E nel vero: allorquando le Marche furono annesse da Napoleone il Grande al Regno d’Italia fra le più importanti provvidenze, alle quali si pose mente per una regolare e spedita amministrazione della cosa pubblica, fu quella della circoscrizione o riparto di queste provincie. Quel sommo imperante con decreto del 20 aprile dell’anno 1808, venti giorni innanzi alla riunione di quei paesi al suo Regno, prescrisse che tre dipartimenti venissero formati delle Marche, denominandoli del Metauro, del Musone e del Tronto. Pel primo scelse a capo luogo Ancona, pel secondo Macerata e pel terzo Fermo. Questo Dipartimento aveva sotto di sé Camerino ed Ascoli, ed era nella quantità degli abitanti equiparato a quei di Ancona e di Macerata. Cessò il Governo italico e il pontificio succedutogli nell’anno 1815 eresse Fermo a capo luogo, col titolo di Delegazione di seconda classe. Quindi Leone XII riconoscendo la convenienza di riunire la Delegazione di Ascoli, che era di terza classe, a quella di Fermo, decretò che questa città fosse sede e capo luogo di ambedue le provincie.

Dalle cose sin qui discorse chiaro si apprende che la città di Fermo per oltre venti secoli ebbe sempre una individualità sua speciale, giammai cambiata per variare di tempi e di fortune: difatto se si consideri la sua storia ai tempi in cui fu colonia della Repubblica e dell’Impero romano o nella decadenza di questo per la invasione delle orde barbariche e nel sorgere successivo delle libertà municipali e dei feudali dispotismi, noi troviamo che la nostra patria conservò sempre quella prevalente importanza, che la rese una delle città primissime della regione picena. Le grandi memorie delle varie epoche, di cui parlammo, rammentano i suoi monumenti, i suoi uomini illustri, le sue influenze come centro di sociali e morali miglioramenti e soprattutto quegli ottimi studi che iniziati nel nono secolo diffusero in tutta Italia l’amore delle Scienze e delle Lettere. Nei tempi poi che appelliamo moderni, Fermo si mantenne altresì nella sua antichissima gloria e sotto il reggimento dei romani pontefici e sotto quello dell’antico Regno d’Italia. Dovrebbe perderla oggi! Noi confidenti sì nelle tradizioni del passato, come nelle condizioni naturali e nei costumi di queste popolazioni abbiamo ogni diritto a sperare che no; dappoiché la nostra fiducia è conforme alle ragioni storiche, alle condizioni geografiche e ai bisogni dei nostri commerci e delle nostre industrie.

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